RADIOGRAFIA DI UNA MANOVRA A TENAGLIA
“Ahi serva Italia, di dolore ostello, * nave sanza nocchiere in gran tempesta, * non donna di province, ma bordello!” (Purgatorio VI, 76-78)
Non mi stancherò mai di ripeterlo: viviamo nel tempo dell’identità in atto di destra e sinistra, due falsi opposti che oggi veicolano lo stesso contenuto. E tale contenuto è l’adesione supina al monoteismo del mercato e la stolida accettazione dell’ordine imperiale USA.
Destra e sinistra si rivelano interscambiabili, facendo del neoliberismo oggi dominante un’aquila a doppia apertura alare: l’anticomunitaria e globalista “Destra del Denaro” detta le regole econonomico-finanziarie tutelanti gli interessi della global class post- e anti-borghese, mentre la “Sinistra del Costume” fissa i modelli e gli stili di vita funzionali alla riproduzione del sistema dell’integralismo economico (godimento individualistico, relativismo, laicismo assoluto, abbandono dell’anticapitalismo come ferrovecchio, ecc.).
La Destra del Denaro decide che occorre privatizzare tutto, rimuovere i diritti, abbassare gli stipendi, tagliare la spesa pubblica, sempre in nome del sacro dogma “ce lo chiede il mercato”. Dal canto suo la Sinistra del Costume, dal Sessantotto ad oggi, opera sul piano sovrastrutturale: se la Destra del Denaro rende i giovani precari fino a settant’anni, quando non direttamente disoccupati e impedisce loro di farsi una famiglia, ecco che la Sinistra del Costume e i suoi utili idioti al servizio del re di Prussia starnazzeranno dicendo che la famiglia è una forma borghese superata e che la precarietà è buona e giusta.
Se la Destra del Denaro decide che gli Stati nazionali sono un’invenzione e che l’unica realtà esistente è il one world del mondo globalizzato e ridotto a piano liscio del mercato, con annessa delocalizzazione, ecco che la ridicola Sinistra del Costume seguirà facendo l’elogio della globalizzazione dei viaggi low cost e dell’inglese per tutti. Di più, condannerà lo Stato nazionale come foriero di sventure, senza mai dire, ovviamente, che i pochi diritti superstiti per gli offesi del pianeta erano garantiti, guarda caso, proprio dallo Stato stesso e dalle sue politiche di assistenza sociale.
Se la Destra del Denaro decide che la religione è un’invenzione e che bisogna liberarsene per convertirsi tutti all’unica teologia riconosciuta legittima, il monoteismo del mercato, ecco che la Sinistra del Costume seguirà pedestremente portando avanti forme liturgiche di ateismo religioso, senza accorgersi ovviamente che è il capitale stesso a dover distruggere ogni religione che non sia quella del Mercato divinizzato.
Se la Destra del Denaro decide che a esistere è solo l’individuo consumatore e “la società non esiste” (M. Thatcher), ecco che la ridicola Sinistra del Costume seguirà scodinzolando e spiegando che la famiglia come comunità originaria non esiste e che chiunque si sogni di pensare – peraltro in buona compagnia con Platone, Aristotele ed Hegel – che la famiglia composta da padre e madre invece esista eccome, subito deve essere silenziato come “omofobo”.
Diego Fusaro, 24 Ottobre 2014
https://it-it.facebook.com/diegofusarofilosofo
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Qui ci interessa solo l’evoluzione che si è compiuta a partire dalla fine degli anni settanta. Poiché è allora che la corruzione completa delle intelligenze ha assunto la forma ipocrita e benpensante che oggi si chiama progressismo
[…] Si vede oggi a cosa abbia condotto questa strategia. In ogni ambito, la sinistra ha attivamente collaborato a che fossero predisposti gli strumenti e gli accordi che la destra al potere non avrà che da applicare e sviluppare per ottenere senza fatica i suoi scopi.
Esattamente allo stesso modo la classe operaia fu disarmata spiritualmente e fisicamente dalla socialdemocrazia tedesca prima di essere consegnata al nazismo. E mentre i cittadini di buona volontà sono chiamati a vigilare in attesa di fantomatici attacchi frontali, la destra è già passata per la breccia che la sinistra stessa aveva aperto nelle sue linee.
Giorgio Agamben, In questo esilio. Diario italiano 1992-94,
in Idem, Mezzi senza fine. Note sulla politica,
Bollati Boringhieri, Torino 1996, pag.146