PERCHE' NON PUBBLICHIAMO LE VIGNETTE DI CHARLIE HEBDO
di Mauro La Mantia, La Gazzetta Palermitana, 8 gennaio 2015 www.lagazzettapalermitana.it/perche-non-pubblichiamo-le-vignette-di-charlie-hebdo-560/
Quelle vignette sono propaganda bellica, la libertà d’espressione non c’entra niente. Non ci si può indignare se messaggi violenti ottengono e provocano reazioni violente. (Vauro, 2006)
Di fronte a tragedie come quella di ieri a Parigi il rischio è quello di un coinvolgimento emotivo che annebbia la ragione. E noi siamo coinvolti perché quell’atto vile contro una redazione giornalistica tocca intimamente chi come noi svolge lo stesso lavoro. Si proclamano “soldati di Dio”, ma non hanno idea di cosa sia l’onore militare. Sparare contro giornalisti inermi è atto di infamia e viltà.
La matrice e la dinamica di questo gravissimo atto terroristico impone a noi una chiara presa di posizione contro la follia islamista e dare la massima solidarietà alla redazione di Charlie Hebdo. Molti giornali di tutto il mondo oggi hanno pubblicato, come provocatoria risposta alla strage, le famose vignette di Charlie alla base della “vendetta” dei terroristi. Ed in qualche modo il mondo del giornalismo ha lanciato un appello a tutte le testate affinché si unissero a questa iniziativa. Noi de LaGazzettaPalermitana.it abbiamo deciso di non pubblicare quelle vignette. Non ovviamente per una forma di mancato rispetto verso i colleghi francesi vittime dell’attacco, o peggio per simpatie verso l’Islam e le sue forme più fondamentaliste, ma perché quel modo di fare satira è distante anni luce dalla nostra linea editoriale.
Se certe leggi sulla libertà di stampa (come quella francese) concedono ai giornali di poter esprimere attraverso la satira anche posizioni forti e provocatorie, la nostra etica ci impone di non usufruirne nel rispetto di ogni sensibilità religiosa. Non potremmo mai ospitare nel nostro giornale, ad esempio, vignette dove si sbeffeggia la figura di Maometto. In redazione siamo quasi tutti cattolici, convinti e praticanti. (…) Da credenti sappiamo che ogni uomo è alla continua ricerca di Dio, un anelito che fa parte della natura stessa dell’uomo. Perché quindi usare la satira per colpire le più intime convinzioni religiose al limite dell’offesa e della blasfemia? Pur credendo in Gesù Cristo, ed essendo molto critici con la religione della sharia, non sentiamo l’esigenza di avvalerci della libertà di stampa occidentale per deridere ed insultare i musulmani. Il bersaglio non è stata solo la fede islamica ma anche, e soprattutto, quella cattolica. Difficile poter apprezzare vignette che rappresentano la Santissima Trinità intenta in pratiche sessuali sodomitiche (questa e altre vignette raffiguranti il Profeta nudo o con una banana nel deretano non vengono nostrate dai mass-media, per ovvi motivi, n.d.r.).
Charlie Hebdo ha sempre portato avanti la sua battaglia contro “le menzogne di tutte le religioni”. Bisogna stare molto attenti a queste espressioni, apparentemente innocue, il cui effetto può essere devastante. Ripassando un po’ la storia, ricorderemo che nel ’900 le più spaventose carneficine che l’umanità ricordi sono state prodotte non da religioni ma da ideologie politiche, quali il comunismo ed il nazismo, impregnate di ateismo nel nome della lotta di classe e di razza.
Così come la cosiddetta “civiltà occidentale” deve difendersi dalla violenza islamista, allo stesso modo deve alzare un argine contro certa deriva laicista e atea. Non si tratta di limitare la libertà d’espressione, bensì di comprendere che non si possono estromettere le fedi religiose dalla vita civile (come praticamente avviene in Francia) in nome di un falso laicismo. E non si può pensare di offendere la sensibilità religiosa di un qualsiasi uomo, in nome della satira, senza conseguenze. Non è un caso che Charlie Hebdo, nonostante la sua matrice culturale radicale e anarchica, sia diventato il giornale più amato dai neocon americani, che hanno fatto dello “scontro di civiltà” la loro bandiera (miseramente fallita nelle disastrose guerre condotte da Bush). E non convincono neanche le teorie di Oriana Fallaci, prontamente rispolverate dopo la strage di ieri, sulla guerra tra l’Occidente e l’Islam. Le tradizioni delle Nazioni occidentali non sono minacciate dall’invasione e dalla violenza islamica quanto dalla scelta deliberata di escluderle dalla vita civile (gli esempi sono innumerevoli, in particolare in Francia). Parliamo dello stesso Occidente che, nella sua strampalata guerra al terrore, da qualche anno foraggia le formazioni islamiste per abbattere il governo legittimo di Assad in Siria. E’ una costante che vede l’Occidente condurre una paradossale lotta al terrorismo fondamentalista abbattendo gli unici regimi laici (e per questo invisi agli islamisti), come quello iracheno, libico ed oggi siriano. Quasi come una legge del contrappasso gli attentatori di Parigi sono reduci della guerra in Siria, militanti di milizie anti-Assad inizialmente sostenute dai Paesi della Nato (Francia compresa).
Proprio perché crediamo nella libertà d’espressione, e la legittima possibilità di criticare certe derive negative delle religioni, ci permettiamo di suggerire una via meno aggressiva. Non l’offesa tramite vignette satiriche ma la via, certamente più difficile, del ragionamento pacato quanto determinato. Ed il pensiero non può che andare alla lectio magistralis di Ratisbona di Benedetto XVI su fede e ragione. Fu un arduo tentativo di affermare attraverso la filosofia l’idea che la conversione mediante la violenza è un atto contrario, secondo ragione, alla natura di Dio. Quel discorso provocò l’ira dell’estremismo islamico ma anche l’attenzione e l’apertura al dialogo di personaggi come il presidente iraniano Ahmadinejad. Estremamente critici furono invece molti occidentali. Per il mite Benedetto XVI non valse la teoria della libertà d’espressione. Ma questa è un’altra storia.