SIAMO DAVVERO COSI' LONTANI DA QUESTI ANTICHI CULTI MESOAMERICANI, OPPURE L'ATTUALE LOGICA DEL DOMINIO NON DIFFERISCE POI MOLTO DALLA LORO?
La televisione, diceva Baudrillard, è il controllo sociale direttamente nel salotto di casa. Essa mantiene l'ordine simbolico, garantendo la conformità del comportamento dei sudditi ignari.
Facendo diventare favola il mondo, la televisione è strumento al servizio dei dominanti.
La fabbrica televisiva del consenso, proprio come il clero giornalistico, induce a odiare gli oppressi e ad amare gli oppressori, producendo docili servi che lottano in difesa delle proprie catene. (Diego Fusaro)
Il sacrificio umano fra gli Aztechi si svolgeva secondo modalità rigidamente fissate dal rituale. La cerimonia aveva luogo nel corso delle feste che venivano celebrate mensilmente in onore di una o più divinità; il rito era pubblico e ad esso assisteva una grande folla.
La vittima designata era condotta ai piedi di una piramide templare e poi costretta a salire sulla cima, dove si apriva un piccolo spiazzo occupato in parte dall'edicola del dio e in parte dalla pietra sacrificale. La vittima veniva saldamente afferrata per le gambe, le braccia e la testa e distesa supina sulla pietra; un sacerdote le apriva il petto con un coltello di selce e le strappava il cuore, poi spalmava in segno di offerta il sangue che sgorgava dalla ferita sulla statua della divinità. Il corpo senza vita veniva poi fatto rotolare lungo la ripida scalinata della piramide in mezzo alla folla.
Il rito presentava una dimensione coreografica concepita in buona parte in funzione degli spettatori ed era organizzato in modo da creare effetti di estrema drammaticità. La struttura delle piramidi rivela infatti l'esistenza di precisi intenti scenografici: non solo l'imponenza della loro mole doveva incutere sentimenti di timore e venerazione, ma l'inclinazione delle pareti era tale da impedire alla folla accalcata nella piazza di vedere quello che si svolgeva sulla cima della piramide; in questo modo il momento cruciale del rito restava circondato da un alone di mistero e sacralità.
I plebei assistevano solo alla fase iniziale della cerimonia, all'arrivo del corteo dei sacerdoti e delle vittime, alla loro lenta ascesa lungo la scalinata e poi alla drammatica conclusione: il lancio dei cadaveri dalla cima dell'edificio. Grandiosità, terrore, mistero: questi i "messaggi" trasmessi dal rito, il cui valore "pedagogico" consisteva nell'inculcare nella mente dei plebei un timore reverenziale nei confronti dei sacerdoti e del sovrano, rappresentanti terreni delle divinità onnipotenti.
(…) Gli Aztechi infatti ritenevano che la sopravvivenza del mondo dipendesse interamente dagli dèi, e che questi dovessero essere continuamente nutriti di sangue umano. Privare gli dei del loro alimento, il "liquido prezioso", significava condannare l'intero universo alla distruzione; perciò, per procurarsi vittime sacrificali in numero sufficiente, bisognava ricorrere continuamente alla guerra.
Pietro Scarduelli,
Gli Aztechi e il sacrificio umano, Torino 1980
Misericordia voglio e non sacrificio (Osea 6,6)