VEGGENTI TOLTECHI E PIANTE DI POTERE: UN'INTERPRETAZIONE ESOTERICA
di Carlos Castaneda
(…) Molto prima che gli Spagnoli giungessero in Messico, c’erano degli straordinari veggenti toltechi, capaci di azioni incredibili. Erano l’ultimo anello di una catena di conoscenza lunga mille anni. I veggenti toltechi furono i supremi maestri dell’arte della percezione; essi fecero il primo passo sulla via della conoscenza ingerendo piante di potere. Le mangiarono spinti dalla curiosità o dalla fame o per sbaglio. Una volta che le piante ebbero prodotto il loro effetto, fu solo questione di tempo prima che alcuni di loro cominciassero ad analizzare le proprie esperienze.
In quell’epoca, secoli e forse millenni prima della conquista spagnola, tutti quegli uomini di conoscenza vivevano all’interno di una vasta area geografica, a nord e a sud della Valle del Messico, e si dedicavano a specifiche occupazioni, come curare, fare incantesimi, raccontare storie, cantare, danzare, formulare oracoli, preparare cibi e bevande. Tali occupazioni favorivano una conoscenza particolare, una conoscenza che li differenziava dagli uomini comuni. Essi erano nello stesso tempo inseriti nella vita quotidiana ed avevano un proprio ruolo sociale, ed esercitavano la loro professione sotto il rigoroso controllo di confraternite esoteriche organizzate, acquistando col tempo enorme potere.
Dopo aver usato per secoli le piante di potere, alcuni di questi uomini appresero finalmente a “vedere”, ed i più intraprendenti incominciarono ad insegnare agli altri a “vedere”; ma questo fu l’inizio della loro perdizione. Col passare del tempo aumentò il numero dei veggenti, e l’ossessione di “vedere” giunse ad un tale punto di intensità che essi smisero di essere uomini di conoscenza, abusando dell’uso delle piante di potere senza preparazione e soprattutto senza un profondo intento. Divennero esperti in veggenza e nell’esercitare il controllo sui mondi strani di cui erano testimoni, ma tutto inutilmente: “vedere” aveva sminuito il loro potere, forzandoli nell’ossessione per ciò che vedevano, ma senza trasformarli in veri guerrieri.
Vi furono tuttavia veggenti che sfuggirono a quel destino, grandi uomini che, nonostante “vedessero”, non smisero mai di essere uomini di conoscenza. Sotto la loro direzione le popolazioni di intere città penetrarono nei mondi che “vedevano” e non tornarono mai più; e il ricordo di essi visse anche presso i popoli che li succedettero.
Dopo la distruzione del mondo dei primi Toltechi, i veggenti sopravvissuti andarono in reclusione, iniziando un’attenta analisi dei propri metodi. Per prima cosa interruppero l’uso delle piante di potere, mentre svilupparono soprattutto il “sogno” e l’”intento”; ma questo nuovo ciclo stava appena cominciando a consolidarsi, quando arrivarono gli Spagnoli e distrussero tutto.
Per fortuna i nuovi veggenti erano perfettamente preparati per far fronte al pericolo e, nonostante l’intera civiltà messicana fosse stata spazzata via completamente, la loro linea di conoscenza rimase. Tutte le stirpi di veggenti si isolarono deliberatamente verso la fine del XVI° secolo con il proprio seguito, così da non avere più alcun contatto con gli altri veggenti, e diedero inizio alla formazione di stirpi individuali, che durano fino ad oggi.
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(…) I veggenti che deliberatamente raggiungono la consapevolezza totale sono uno spettacolo che merita di essere “visto”. E’ il momento in cui ardono dall’interno, il momento in cui si consuma il “fuoco dal profondo”: ed in piena consapevolezza si fondono con le emanazioni dell’Aquila in grande, e scivolano nell’eternità.
I veri guerrieri si preparano alla consapevolezza, e la consapevolezza totale si raggiunge solo quando in loro non rimane più alcuna traccia di amor proprio. Solo quando sono Nulla essi diventano Tutto.
Liberamente tratto da C. CASTANEDA, Il fuoco dal profondo, Rizzoli, Milano 1985, p.15 ss.