COSA E' SUCCESSO DAVVERO A QUEL TEMPO, E COME SONO ANDATE VERAMENTE LE COSE? PROVIAMO A DARCI QUALCHE RISPOSTA E A FORMULARE QUALCHE DOMANDA, FUORI DA OGNI SCHEMA PRESTABILITO
«In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.
Non ti meravigliare quindi se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e tu ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». (Giovanni, 3, 5-8)
1. La Palestina romana
A quel tempo la Palestina era in rivolta contro i Romani.
In verità essi non erano venuti da sé, ma erano stati chiamati per mettere pace durante le complesse vicende delle guerre maccabaiche: tuttavia, come era loro prassi, una volta messo il cappello non se ne erano più andati, quindi i Giudei li consideravano invasori e occupanti illegittimi.
Al Nord vi era da tempo una roccaforte zelota, la città di Gamala nell'alta Galilea, sulla riva destra del lago di Tiberiade, che aveva dato i natali al fondatore del partito omonimo, quel Giuda il Galileo, detto lo Zelota o il Gamaliense, morto anni prima combattendo i Romani: in questa città, arroccata sul monte e praticamente imprendibile (veniva infatti chiamata il "nido dell'aquila"), viveva dunque l'elite dell'aristocrazia zelota, di stirpe davidica, pronta a mantenere viva la fiaccola della "rivoluzione permanente" e a guidare da lì la lotta di liberazione contro l'occupante.
Al Sud, invece, viveva da tempo nel deserto di Qumran, sulle rive del Mar Morto e non molto distante da Gerusalemme, una comunità essena dedita allo studio dei testi sacri, alla preghiera e all'attività taumaturgica (i loro fratelli in Egitto erano chiamati infatti "terapeuti"), che in seguito alla profanazione del secondo Tempio da parte di Antioco IV Epifane, e ad altre vicende ad esso connesse, non riconosceva il Sinedrio né il culto nel Tempio, considerando se stessa come il "resto di Israele", quell'unica parte cioè del popolo eletto che aveva conservato l'eredità mosaica originaria in modo puro e incontaminato.
In mezzo vi era Gerusalemme, con il Tempio, il Sinedrio e il governo centrale dell'Impero Romano, affidato ad un console che doveva vegliare e stabilire la pace sociale nell'intera regione.
In verità vi era anche un re, della dinastia degli Erodi, che era considerato però dagli insorti come un monarca illegittimo, in quanto colluso con i Romani e ad essi succube e sottomesso – una sorta di re fantoccio, insomma, privo di autorità e di consenso presso gran parte della popolazione (in realtà i due Erode, Antipa e il Grande, non furono affatto personaggi minori o di secondo piano, ma nel contesto insurrezionale della Palestina del tempo ogni rapporto di collaborazione con il potere romano era visto – dai gruppi armati "di frangia" – come illegittimo e intrinsecamente corrotto).
Le scuole filosofiche principali, presenti a quel tempo nel vasto e composito mondo del Giudaismo palestinese, avevano i tratti al contempo di partiti politici e, in alcuni casi, di veri e propri gruppi armati a carattere paramilitare: esse erano quattro, cioè i Farisei, i Sadducei, gli Zeloti (con la loro agguerrita fazione "sicaria") e gli Esseni, e lo scontro politico e dottrinale fra di esse era sempre molto acceso, come si addice del resto a tempi di lotta o di rivoluzione quali erano quelli in cui si trovavano a operare (ad esse dobbiamo aggiungere, per completezza d'informazione, quel vasto e composito mondo del Giudaismo ellenistico di lingua greca, che aveva in Alessandria d'Egitto il suo centro culturale e nel filosofo Filone il suo maggiore esponente, che grande influsso ebbe, come avremo modo di vedere in seguito, sullo sviluppo successivo del Cristianesimo nascente).
In questa atmosfera apocalittica ed escatologica – vista e vissuta come una vera e propria "fine dei tempi", in attesa della battaglia finale fra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre - tutti vivevano aspettando il Messia, considerato dagli uni come un liberatore politico, dagli altri come una guida spirituale e da altri ancora come un potenziale pericolo per la pace sociale e per le varie forme di governo – legittimo o illegittimo, politico o religioso che fosse – a quel tempo in carica.
Questa era dunque, più o meno, la situazione in Palestina al tempo di Gesù, molto diversa dall'immagine edulcorata e buonista che la vulgata ufficiale ci ha tramandato nel tempo: andiamo quindi a scoprire - o perlomeno tentiamo di farlo - in che modo il Maestro si è inserito e si è mosso in questo contesto specifico della Palestina romana, e in che modo fu vista la sua azione terrena dai vari attori presenti sulla scena del tempo.
2. Il Maestro di Galilea
A parte i sinottici, diverse sono le versioni "alternative" di esoteristi e studiosi intorno alle possibili origini del personaggio Gesù: ne citerò solo alcune, per fornire una breve panoramica delle principali ipotesi controcorrente intorno alla figura del Gesù storico.
Il dott. Stillianos Attheshlys, noto come Daskalos, fondatore della scuola cipriota dei Ricercatori di Verità e rinomato esoterista, esorcista e taumaturgo, presenta ad esempio Gesù come esseno, ossia come nato, cresciuto e allevato in un contesto esseno, pur riconoscendogli tuttavia, secondo la propria tradizione greco-ortodossa di riferimento, nascita e natura divine: egli sarebbe infatti stato espressione, secondo lui, di quel misterioso mondo esseno-palestinese, con ramificazioni in tutto il Mediterraneo orientale e specialmente in Egitto, che aspettava la venuta di un Maestro di Giustizia con tutte le caratteristiche del Messia biblico, prevalentemente orientate tuttavia in senso mistico ed esoterico.
All'opposto di Daskalos, e della sua lettura mistico-spirituale del personaggio Gesù, abbiamo invece lo studioso italiano David Donnini, autore di interessanti ricerche intorno al sito archeologico di Gamala e di numerose pubblicazioni sul tema, che presenta invece una lettura politico-militare del Gesù storico, inserendolo direttamente nella discendenza di sangue di Giuda il Galileo e ricollegandolo così a doppio filo con le vicende politiche della lotta armata zelota per l'indipendenza della Palestina dal giogo romano.
Secondo questo studioso, infatti, Gesù sarebbe stato di origine aristocratica e di stirpe regale, cresciuto e allevato in un contesto zelota per assumere a tempo debito il ruolo messianico cui era stato destinato fin dalla nascita: il suo rifiuto di assumersi questo ruolo politico avrebbe dunque portato a quei drammatici rivolgimenti che ne segnarono la fine, una volta abbandonato dai suoi in mano ai Romani che lo braccavano, dietro l'accusa di tradimento.
Quanto invece a Rudolf Steiner, la cui notorietà è tale da non avere bisogno di presentazioni, la figura storica di Gesù è talmente poco rilevante, di fronte all'aspetto esoterico e antroposofico del suo insegnamento, che egli evita quasi del tutto di parlarne, interpretandone gli atti e gli insegnamenti esclusivamente da un punto simbolico e iniziatico.
Non possiamo non sottolineare, infine, la narrazione mitica di un presunto Gesù in Kashmir durante i cosiddetti "anni bui" della sua giovinezza, riportata per primo da Nicolai Notovich nei suoi viaggi in Ladakh nel 1887 e successivamente ripresa dallo swami Abhedananda, discepolo diretto di Sri Ramakrishna, e infine divulgata al grande pubblico da un famoso studio di Holger Kersten nel 1986: si tratta di un'interessante teoria, non priva di numerosi riscontri storici, che tuttavia attualmente rimane tale, non essendo stata finora avvalorata né sostenuta da nessuno studioso a livello accademico.
Ma quale può essere dunque una possibile lettura dal punto di vista storico della figura di Gesù, vista alla luce di queste testimonianze e integrata dalla parallela conoscenza delle fonti evangeliche? Proviamo a tracciare un percorso possibile e a ricollegare fra loro queste suggestioni diverse, per trarne infine un quadro complessivo anche secondo la nostra personale sensibilità.
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