Morire per Candia

(Audio)

 NELLA CRETA DEL SEICENTO L’ELITE ARISTOCRATICA EUROPEA
SCRISSE UNA PAGINA D’EROISMO SENZA PARI:
IL PRIMO ESEMPIO DI “BRIGATE INTERNAZIONALI”,
SOTTO LA GUIDA DEL LEONE DI SAN MARCO,
PER LA DIFESA DELLA CRISTIANITA’ IN ORIENTE

 

Odio, che sei midollo della vendetta e lièvito del sangue, ti canto.
Insegna del taglion, ti scrollo.
(Gabriele d'Annunzio, Canto dei Dardanelli)

 

L’ultima fase del ventennale assedio di Candia vide il succedersi di episodi di eroismo senza precedenti nel Mediterraneo orientale: aristocrazia veneziana, Cavalieri di Malta e “cani sciolti” da mezza Europa si diressero in massa, raccolti in spedizioni isolate o in vere e proprie missioni organizzate, verso i lidi di Creta, cercando di unirsi ai combattenti stremati che, sotto la bandiera veneziana, difendevano l’ultimo baluardo della Cristianità nell’Egeo dall’assedio dei Turchi.

Questa pagina di storia e di eroismo non fu tuttavia tra le più fortunate: il destino di Candia era infatti segnato, e le gesta finali dei suoi difensori destinate a subire quella stessa sconfitta che avrebbe avvolto, di lì a poco, l’intera serie di possedimenti veneziani nel Mediterraneo.

Si narra, ad esempio, di una spedizione notturna allestita in tutta fretta da un manipolo di Cavalieri, intenzionati a forzare il blocco turco con una nave carica di munizioni e di esplosivi destinati agli assediati, che giunta in prossimità del porto di Candia, nell’atto di lanciarsi a tutta velocità contro i Turchi per romperne l’accerchiamento e approdare sull’isola, fu colpita nella Santa Barbara da una bordata ottomana ed esplose fragorosamente, spargendo sugli scogli frammenti di legni, cannoni e cadaveri per il raggio di alcuni chilometri.

E i Cavalieri feriti, con i corpi spezzati e le ossa rotte, furono lasciati a morire dissanguati, di fame e di sete, sulle spiagge dell’isola, in balìa dei rapaci e degli animali da preda.

Oppure si narra la tragedia infinita di quel Cavaliere, spagnolo d’origine ma naturalizzato veneziano, che dopo una vita passata tra missioni diplomatiche d’ogni tipo al servizio del re di Spagna, per convincere i sovrani europei a intraprendere ogni sforzo per la difesa di Candia, decise infine di partire volontario, insieme alla sua compagna, per partecipare all’ultimo atto di questo glorioso conflitto, giungendo insieme ai nobili della Serenissima sull’isola greca proprio alla fine della sua epopea.

Consapevoli della sorte riservata dai Turchi agli assediati sconfitti (come avvenne cinquant'anni prima a Famagosta, tra l’indignazione di mezza Europa), giunti allo stremo delle forze i Cavalieri di Malta fecero partire così nottetempo tutti i combattenti rimasti, per restare da soli a difendere l’isola, secondo il voto fatto al momento dell’investitura di difendere l’Europa cristiana senza mai ritirarsi di fronte al nemico.

E così fu.

Sotto una pioggia di bombe ottomane, che piovevano fitte dal mare sulle mura del forte per preparare l’assalto finale, il Cavaliere spagnolo raggiunse la moglie nella propria camera, e in preda a un’angoscia indicibile la trovò raggiante di gioia, per aver dato alla luce un bambino: ma fu una gioia fugace, che si tramutò ben presto in terrore, non appena la donna si accorse che il marito aveva in animo di ucciderli entrambi, per non lasciarli cadere vivi nelle mani nemiche.

Con un colpo veloce di “misericordia” alla gola (lo stiletto sottile usato per dare il colpo di grazia), il Cavaliere eliminò così la propria famiglia, per poi gettarsi in lacrime e furente di collera contro l’aggressore infedele, cercando la morte sotto le mura del forte: ma un fatto nuovo era giunto, frattanto, perché il Turco - colpito dal coraggio nemico - decise di offrire una resa onorevole ai Cavalieri rimasti, permettendo loro di ritirarsi con armi e bagagli.

E la tragedia così si compì: accortosi che il sacrificio effettuato era stato vano, il Cavaliere salì fino al punto più alto della torre di guardia e da lì si gettò di sotto, in preda alla disperazione, per non dover sopravvivere – lui solo - allo sterminio della propria famiglia: e ancora si narra che il suo fantasma insepolto, insieme a quello dell’infelice compagna e del loro bambino, si aggiri fra le mura di Candia, ricordando al mondo la tragedia e il dolore di quell’inutile atto di sacrificio ed eroismo.

Questa è dunque la storia, triste e gloriosa ad un tempo, dei difensori di Candia, ultimo avamposto della Cristianità in Oriente, di lì a poco caduta per sempre nelle mani dei Turchi: questa è la storia del sacrificio inutile di quell’élite aristocratica, veneziana ed europea, pronta a morire per difendere con le unghie e con i denti quel simbolo estremo della fede cattolica, l’ultima frontiera prima del Grande Nulla.

Morire per Cristo, per la gloria di Spagna o per la difesa d’Europa: di certo, per tutti, morire per Candia.

Blera, 3 Agosto 2015
https://www.pierluigigallo.org/web/2016-03-18-17-49-41/risonanze/196-morire-per-candia

Signore della Pace e della Guerra, tutto appartiene a Te:
la Vita e la Morte entrambe Ti adorano, coscienti
che vivere o morire, dinanzi al Tuo Volto, non fa differenza.
(Preghiera kshatrya dei guerrieri Rajput)

 

Jean-Baptiste Lully - Marche pour la cérémonie des Turcs