Non c'è tre senza quattro
UNA PASSEGGIATA FRA I NUMERI INTERI
Qualcuno lo chiama Dio, qualcun'altro lo chiama Demone: io preferisco chiamarlo Inconscio.
(Carl Gustav Jung)
In questo articolo rapido e senza pretese vorrei brevemente sottolineare, senza soffermarmici troppo e quasi di sfuggita, l'importanza del numero 4 e del concetto di quaternità in relazione ad alcuni aspetti dell'indagine spirituale e psicologica, quali ad esempio il principio dei 4 purshartas e dei 4 stati di coscienza della metafisica hindu, da una parte, e la teoria dei tipi psicologici di Jung, ad esso in qualche modo analogicamente correlata, dall'altra.
Nel caso dei cosiddetti purshartas induisti (denominati rispettivamente Artha, cioè il successo fisico e materiale; Kama, cioè il desiderio, il piacere e la sua soddisfazione; Dharma, cioè il senso etico del dovere che stabilisce un equilibrio fra i primi due, e Moksha, cioè la liberazione spirituale dal mondo materiale e il raggiungimento della coscienza del Sé), i primi 3 si riferiscono infatti a 3 livelli di raggiungimento del benessere e della soddisfazione materiale (che l'induismo, contrariamente ad altre religioni, considera auspicabili, positivi e propedeutici per arrivare alla liberazione finale), mentre l'ultimo è quello che spiritualizza il tutto, sublimandolo e trasformandolo in senso trascendente.
Analogamente, vi sono per gli hindu altrettanti livelli di coscienza umana: lo stato di veglia, quello di sogno, quello di sonno profondo e infine "il quarto" (turya) che li trascende tutti e che è definito come "al di là della coscienza stessa"; ciò è simboleggiato peraltro, nella pratica contemplativa del Pranava Dhyana o "Meditazione sul Suono Cosmico", dalla sacra sillaba OM, fomata dalle tre lettere A, U, M (che rappresentano i tre livelli di coscienza predetti) e dal silenzio profondo che ne segue (che simboleggia il turya ed è raffigurato dal bindu, cioè il puntino sovrastante il simbolo grafico dell'OM, che costituisce in un certo senso l'infinito metafisico e cosmologico).
Quest'idea del punto che racchiude in sé l'universo - anzi "gli" universi, è bene precisare - è descritta anche da J.L.Borges nel suo famoso libro L'aleph, e intesa dai cabbalisti ebraici come rappresentazione grafica della singolarità primordiale, da cui ha avuto origine il tutto.
Ma il numero 4, e il concetto stesso di quaternità, riveste un ruolo fondamentale anche nella teoria junghiana dei "tipi psicologici", dove il grande psicanalista svizzero descrive i vari aspetti della personalità umana, organizzandoli – per l'appunto - in senso quaternario, dove i due caratteri psichici principali si presentano in opposizione fra loro, mentre gli altri due si trovano in una posizione subordinata: ancor più interessante, e per certi versi in analogia con la teoria dei 4 purshartas hindu, è inoltre la descrizione che Jung fa del concetto di "totalità psichica", raffigurata in particolare nei famosi mandala, i diagrammi della psiche a carattere macrocosmico e microcosmico che egli utilizzava e studiava a scopo terapeutico e d'individuazione.
Secondo Jung, infatti, il concetto cristiano di Trinità, che identifica la perfezione nel numero 3, è in realtà incompleto dal punto di vista psichico, in quanto privo del numero 4, cioè del proprio opposto - il rimosso, l'aspetto "ombra" della personalità - senza il quale non vi può essere alcun tipo di espressione della totalità psichica: il che rappresenta in un certo senso il contrario esatto del principio hindu di purshartas, che costituiscono invece 3 livelli di perfezione materiale più 1 di perfezione spirituale (diversamente dal cristianesimo, dove abbiamo 3 livelli di perfezione spirituale cui si deve aggiungere, secondo Jung, un quarto livello - che lui chiama Abraxas– che rappresenta il daimon, ossia l'inconscio e la materia).
Il vecchio detto "non c'è due senza tre" andrebbe dunque corretto in "non c'è tre senza quattro", nella consapevolezza della complessità di significati che tale espressione, in apparenza banale, in realtà cela e sottende: attendiamo dunque tutti una futura realizzazione individuale e collettiva di questo importante principio archetipico per poter integrare ed espandere finalmente la nostra coscienza, elevandola a un più ampio livello di comprensione della realtà da sperimentare innanzitutto nella nostra vita.
Perché il vero è l'intiero, come diceva Hegel, e il tutto non è mai la semplice somma delle sue parti.
Roma, 19 Gennaio 2016
https://www.pierluigigallo.org/web/2016-03-18-17-49-41/risonanze/229-non-c-e-tre-senza-quattro