PER DIPANARE E DISSOLVERE QUALCHE PICCOLA AMBIGUITA' RESIDUA
Le filosofie precedenti si sono limitate a interpretare il mondo: adesso si tratta di trasformarlo.
(Karl Marx)
Vorrei parlare anche solo un momento di un colossale fraintendimento ideologico, vera colpa originaria della sinistra moderna, che ci ha portato a identificare fra loro, in una fantomatica coincidenza d'intenti, il progressismo col radicalismo, l'accettazione supina della realtà circostante con la volontà consapevole di una sua trasformazione dialettica, di natura antitetica e rivoluzionaria: non si tratta affatto della stessa cosa, come dovrebbe essere ovvio a chiunque, e fra questi due mondi ideologici la distanza è incolmabile.
Ciò che difatti è rimasto, in questa età della globalizzazione imperante, dalle macerie fumanti della sinistra mondiale, è una immagine stinta della lotta di classe, sostituita e annacquata dalla propaganda mediatica della milizia neodem, la più astuta e agguerrita fra le tante correnti che si sono affermate, negli anni, a difesa dei miti fondanti dell'Occidente: come qualsiasi altro prodotto di consumo, infatti, anche la politica ha i suoi restyling, che ne modificano il look e il linguaggio mediatico e ne riscrivono slogan e parole d'ordine, per far digerire decisioni economiche, culturali e sociali che altrimenti - se fosse rimasta anche solo una traccia del radicalismo di un tempo - nessuno si sognerebbe mai di accettare.
Ed è così che, ad esempio, in molti sperano in una vittoria di Hillary, sicuri davvero che sia preferibile a Trump e certamente più trendy e più corretta di lui, lei che difende i diritti, le minoranze e i diversi: e invece non sanno, inconsapevoli pedine del progressismo globale, che se lei vincerà le elezioni è già deciso da tempo, e il più rapidamente possibile, il conflitto finale contro l'Iran, primo atto di un cataclisma mondiale dalle conseguenze incalcolabili, che vedrebbe coinvolte all'istante, in un'immensa esplosione, anche la Russia, la Cina e via via mezzo mondo…
… a meno che invece Israele non decida da solo di attaccare lo stesso, forzando la mano e gettando il pianeta in un vicolo cieco: che Dio ce ne scampi, non oso nemmeno pensarci!
Il radicalismo violento viene appaltato a Daesh (se non ci fosse bisognerebbe inventarlo...), mentre sul piano politico e sociologico se ne stanno appropriando, in maniera patetica e direi quasi volgare, i movimenti e i partiti del populismo euroatlantico, che con i loro tratti scomposti, analfabeti e rurali cercano confusamente di opporsi, ognuno a suo modo, alle trasformazioni incalzanti della società multietnica.
Niente marxisti ormai più all'orizzonte, niente idealisti o tradizionalisti di sorta, mentre gli anarchici – finiti nel magma dell'insurrezionalismo da strada – non sanno nemmeno essi stessi chi sono: ogni barlume di opposizione ideologica, che non sia solo stragismo o terrorismo di massa, è ormai svanito completamente, resta soltanto il "politicamente corretto" oppure il delirio insensato dei ribellisti à go-go.
E io che non sono propriamente un marxista, né un anarchico o un reazionario, mi trovo ancora qui a ripensare al passato, ricordando le lotte e gli scenari di un tempo. Davvero non so che mi è preso, forse sto solo sognando: quello che so invece - e lo so ahimè molto bene - è che in mezzo alle pieghe del riformismo rampante è naufragata per sempre ogni possibile opposizione teoretica, ogni speranza di lotta a livello politico, filosofico e pratico, e non credo proprio che rinasca mai più.
Perché siamo di fronte a un mutamento epocale, siamo di fronte a un abisso incolmabile, e la rivoluzione che si è riuscita ad affermare è solo quella operata dall'alto, sopra le teste mozzate di una generazione sconfitta: addio dunque alle speranze di un tempo, la sola cosa che conta è il consenso, un bell'applauso e poi tutti a dormire.
Giacché progresso e sviluppo non sono affatto sinonimi, e ciò che si va ad affermare, in questo tempo malato, è di un'ambiguità senza fine.
Roma, 12 Settembre 2016