L'ALTRO VOLTO DI BERNARDO GUI *
Quando penso a Umberto Eco non mi viene in mente nulla. Possibile? (Guido Vitiello, Il Foglio)
di Mario Palmaro, 20 settembre 2013
Umberto Eco “boccia” papa Ratzinger. «Non credo che Benedetto XVI sia un grande filosofo, né un grande teologo, anche se generalmente viene rappresentato come tale». Lo ha detto l’intellettuale, linguista e scrittore in un’intervista al quotidiano tedesco Berliner Zeitung in edicola oggi (29 settembre 2013, n.d.r.).
Fin qui si sarebbe potuto stendere un pietoso velo, anche se sarebbe più che lecito chiedersi come abbia fatto il tuttologo romanziere Eco, tra l'altro non credente, a diventare anche così esperto di teologia da guardare dall’alto in basso Joseph Ratzinger. Ma sconcerta ciò che ha aggiunto:
«Le sue polemiche, la sua lotta contro il relativismo sono, a mio avviso, semplicemente molto grossolane - ha commentato Eco riferendosi ancora al Pontefice -, nemmeno uno studente della scuola dell’obbligo le formulerebbe come lui. La sua formazione filosofica è estremamente debole».
Per argomentare il suo giudizio Eco fa riferimento proprio alla questione del relativismo in una risposta diretta al suo intervistatore: «In sei mesi potrei organizzarle un seminario sul tema. E può starne certo: alla fine presenterei almeno 20 posizioni filosofiche differenti sul relativismo. Metterle tutte insieme come fa papa Benedetto, come se ci fosse una posizione unitaria è, per me, estremamente naif».
Non si sa a quale titolo Eco – che è un linguista e un romanziere – si sia costituito come commissario unico di una sessione straordinaria di laurea in filosofia, alla quale è stato iscritto (evidentemente a sua insaputa) Joseph Ratzinger. Ora, Eco ha tutto il diritto di dissentire da quanto dice e insegna il Papa. Ma definire «grossolane» le tesi sul relativismo, affermando che «nemmeno uno studente della scuola dell’obbligo» le formulerebbe così è semplicemente ridicolo. Di veramente grossolano qui c’è solo la sua intervista berlinese. Forse qualcuno potrebbe suggerire a Eco di chiedere al grande filosofo reazionalista tedesco Jürgen Habermas come mai abbia perso il suotempo a dialogare su fede e ragione con un «grossolano» come Ratzinger…
Più che un giudizio, un insulto. C’è da capirlo, povero Eco: il Papa che denuncia il relativismo, la malattia mentale della modernità, sembra Gesù che scaccia i demoni percorrendo la Giudea: essi se ne vanno urlando e insultando. Allo stesso modo, i relativisti sbraitano quando la Chiesa li scopre e li lascia in braghe di tela.
Ma il mondo in cui ci tocca di vivere funziona così: per parlare e dire qualcosa basta avere i polmoni, essendo opzionale il collegamento all’organo preposto, di norma, allo sviluppo del pensiero. Chiunque può dire qualunque cosa, in nome della libertà di espressione. Ma poi questa massima si rivela falsa e bugiarda, perché se Eco avesse detto quello che ha detto riferendosi al Rabbino Capo di Roma, o peggio ad un qualsiasi imam, apriti cielo. Siccome invece ha gettato discredito sull’intelligenza del Papa, allora gode dell’immunità extraparlamentare. Tutti tacciono.
Che agli ambienti laicisti ed anticlericali Benedetto XVI risulti scomodo ed odiosissimo come una spina nel fianco non sorprende. E' perchè lo temono. Sorprende piuttosto che uno scrittore del calibro di Umberto Eco scivoli in derive tanto superbamente sciocche. Sarebbe opportuno, con un pò di umiltà "cristiana", che Eco facesse un passo indietro e chiedesse scusa; altrimenti potremmo iniziare a pensare che possa essere invidioso delle decine di premi culturali ed onoreficenze che ha conseguento Ratzinger, degli oltre 270 libri scritti da quel teologo di bassa lega, oppure del fatto che schiere di intellettuali credenti e non (non inferiori a lui) di tutto il mondo consideri Joseph Ratzinger una delle menti più eccelse del panorama mondiale.
Già da molto tempo sapevamo che Eco è, innanzitutto, un errore di stampa, un refuso ortografico: il suo vero nome dovrebbe essere Umberto Ego, come si conviene a una persona indubbiamente colta, arguta, affabulatrice, affascinante, ma ossessionata dal desiderio di ascoltarsi e di essere sempre d’accordo con se stessa. Tolto di mezzo Dio, in mezzo al mondo ci resto io. Come si intuisce anche dall’ultimo libro di uno dei nipotini di Eco, quel Vito Mancuso che sceglie come titolo del suo saggio “Io e Dio”; proprio così, mettendo prima se stesso e solo dopo il Creatore, con una maleducazione che starebbe male anche all’Inferno. Dopo aver ammazzato l’etica, fanno fuori anche l’etichetta. E la grammatica.
Ma dietro a questo Super Eco si nasconde un lato nemmeno tanto oscuro, che spiega questogratuito, grossolano e inelegante livore antipapale. E’ il lato dolente e angoscioso di un uomo che è cresciuto nell’Azione Cattolica, che l’ha lasciata in polemica con il grande Gedda; un uomo, Eco, che ha studiato – dicono - Tommaso d’Aquino, e che un giorno se n’è uscito dalla Chiesa proclamandosi orgogliosamente ateo, o se si preferisce, agnostico.
E’ questo lato oscuro che sta all’origine delle risate e degli sfottò anticlericali; è questo vuoto dell’anima che fa da movente a un romanzo bello e falso come Il Nome della Rosa, che in materia di Medioevo esprime un’attendibilità storica inferiore ai fumetti di Asterix e Obelix. E’ questa rabbia furibonda che monta quando i riflettori delle Tv si spengono, e quando il grande linguista e romanziere si trova da solo davanti allo specchio, a rivedere il lungo nastro della vita che si avvicina al momento drammatico e solenne in cui essere un uomo colto, famoso e osannato non ti serve più a niente. La morte, ineluttabile. Dieci, venti, forse cinquant’anni, e poi nessuno si ricorderà di Eco. Mica è un Papa.
E questa è la rabbia di Umberto Eco, che con tutta la sua (presunta) filosofia non può dire nemmeno una parola che spieghi il senso di questa esistenza. E’ la rabbia di chi sa che si avvicina un giudizio, un giudizio perfetto e senza appello, nel quale la filosofia e la semiotica non servono a nulla. Conta solo essere o non essere santi. Che Dio lo aiuti a capirlo, prima che sia troppo tardi.
Una cosa resta odiosa e comica, e cioè che un ateo come Umberto Eco si lanci con tanta sicurezza e superbia nell'opera di delegittimazione del Papa-teologo di Santa Romana Chiesa nel campo stesso del sapere teologico. Non bastava che questa tipologia di atei facessero di tutto per denigrare il Cattolicesimo ed estirparlo dalla società, ora ci tocca ascoltarli pure mentre si azzardano a spiegare al Papa "come si fa il Papa".
* Il grande censore ci ha lasciati.
Fustigatore della tradizione, irridente e cinico verso il perennialismo, grande nemico di quel pensiero mitico dell'Occidente da cui pure ha attinto a piene mani nella stesura dei suoi famosi best sellers, il terz'ultimo epigono dell'Inquisizione "al contrario" (dopo di lui, infatti, restano ancora Scalfari e Flores d'Arcais) ha abbandonato stanotte le sue spoglie mortali, lasciando un gran vuoto nelle menti e nei cuori dei progressisti nostrani e un'indifferenza totale nelle fila di quanti di esoterismo e occultismo fanno invece da sempre uno studio serio e sincero, senza scadere in forzature ideologiche o in concessioni erudite al modernismo à la page.
- Chi distribuirà dunque i suoi voti in futuro, se anche questo maître à penser della cultura italiana è ormai scomparso nel nulla? Chi consegnerà le pagelle e i diplomi di "intellettuale conforme" e politicamente corretto, in apparenza un po' eclettico ma nella sostanza contiguo e perfettamente organico all'ideologia dominante? Chi stroncherà più Elémire Zolla, ad esempio, oppure Guénon e la vasta schiera dei tradizionalisti d'oltralpe - per non parlare poi del Papa tedesco, come si è visto poc'anzi?
Bisognerà subito trovarne un altro, e se non c'è costruirlo... tanto il materiale non manca.
Inutile dire, ovviamente, che come scrittore era bravo: ma come diceva qualcuno, se pure hai trovato finalmente un bravo idraulico, che quando viene a casa però ti stermina l'intera famiglia, che sia bravo o no in realtà conta poco: quindi nel ricordare e apprezzare le sue capacità letterarie gettiamo invece all'oblìo tutto il resto, e ce lo lasciamo alle spalle.
Sic transit gloria mundi, dunque: e riposi in pace anche lui. (PGZ)