Meditazione

 

1. La meditazione "spegne" i pensieri nocivi


GLI EFFETTI DI ANTICHE TECNICHE MEDITATIVE
SVELATI DALLE NUOVE TECNOLOGIE


di Danilo Di Diodoro


Alcune pratiche di meditazione riescono a «spegnere» l’attività di un’area cerebrale responsabile dell’insorgere nella mente di ansietà e preoccupazioni sul futuro e dell’incapacità di concentrarsi semplicemente sul presente. Lo indica una ricerca pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences da parte di un gruppo di studiosi americani guidati dal professor Judson Brewer del Department of Psychiatry della Yale University School of Medicine di New Haven.

L’area cerebrale in questione è indicata da una sigla, DMN, che sta per Default Mode Network. In pratica si tratta di una sorta di motore interno automatico di pensieri che genera quel continuo emergere nella mente di idee, ricordi, immagini, timori; insomma tutto quello che spontaneamente affiora alla coscienza e che può andare a interferire con ciò che si starebbe facendo in quel momento. Questa attività è presente in circa la metà del tempo della veglia e può far affiorare spesso pensieri sgradevoli, sia provenienti sia dal passato sia proiettati nel futuro, e contribuire a creare stati d’ansia e di depressione.

La ricerca ha dimostrato, tramite l’utilizzo della Risonanza Magnetica Funzionale del cervello, che persone esperte in alcune tecniche di meditazione riescono a smorzare l’attività delle aree cerebrali che fanno parte del DMN, come la corteccia cingolata e la corteccia prefrontale mediale. Non solo, ma rispetto a persone non esperte in queste tecniche, gli esperti hanno un’attività del DMN decisamente ridotta anche al di fuori dei periodi di meditazione, come se l’allenamento trasferisse i suoi effetti al di là dei soli momenti di esercizio.

Lo studio ha preso in esame tre diverse tecniche di meditazione, rispettivamente chiamate Concentrazione, Amare-gentilezza, Consapevolezza senza scelta. La prima è una tecnica nella quale il soggetto si concentra sul respiro, e quando arrivano pensieri si distoglie da essi gentilmente ma in maniera ferma; la seconda è una tecnica in cui il soggetto pensa attivamente a un momento in cui ha desiderato il bene di qualcuno e lo utilizza come modello per desiderare il bene degli altri; la terza è una tecnica in cui il soggetto presta attenzione a tutto quello che arriva momento per momento alla coscienza, senza tentare di modificarlo o di allontanarsene, finché non giunge spontaneamente un altro pensiero. I soggetti studiati sono stati dodici esperti in tali tecniche che sono stati confrontati per mezzo della Risonanza Magnetica Funzionale con tredici volontari che non avevano esperienza di meditazione.

Secondo il professor Brewer, oltre a gettare un’interessante luce sui meccanismi neurobiologici di alcune tecniche di meditazione, i risultati di questo studio aprirebbero possibili scenari nell’utilizzo della meditazione come trattamento per alcuni disturbi psichici nei quali sembra essere coinvolto il DMN. Ad esempio il cosiddetto Disturbo da deficit di attenzione, per il quale già esistono alcune sperimentazioni che indicano come tecniche di meditazione potrebbero ridurre lo stato di disattenzione. Un’iperattività del DMN è stata rilevata anche nella demenza di Alzheimer, e potrebbe essere responsabile della deposizione nelle cellule cerebrali di una sostanza chiamata "beta-amiloide", tipica appunto di questa forma di demenza. L’uso di tecniche di meditazione potrebbe dunque “spegnere” questa iperattività e avere un possibile effetto protettivo.

Ulteriori ricerche sono però necessarie prima di giungere a conclusioni definitive, come ricorda lo stesso professor Brewer: «I risultati del nostro studio suggeriscono che la meditazione è capace di ridurre l’attività del DMN in maniera relativamente specifica e che il sistema è semplice da utilizzare e a basso costo; inoltre la meditazione ha anche il vantaggio di essere accessibile a molte persone a prescindere dal loro livello di istruzione e dalla loro situazione socio-economica. Naturalmente, studi prospettici saranno importanti nel determinare se essa può davvero rinviare l’inizio della demenza di Alzheimer».


Danilo Di Diodoro,
Corriere della Sera, 31 marzo 2012
http://www.corriere.it/salute/12_marzo_31/meditazione-problemi-psichici-diodoro_1e4d92b4-2194-11e1-97f3-fb4c853f7d5d.shtml

 


 

2. La meditazione come esperienza di unità interreligiosa


UNA RIFLESSIONE SU MEDITAZIONE E UNITA'
DENTRO E OLTRE LE RELIGIONI UFFICIALI


di padre Mariano Ballester SJ 



Quando i nomi e gli esseri non esistevano, io ero.

La sola indicazione della Presenza divina
era la chioma inanellata dell’Amato,
la chioma inanellata non esisteva ancora.

Le cose e i nomi tutti emanarono da me,
nell’istante in cui tutti i tempi son presenti, 
quando né lo né Noi esistevamo.

In quell’istante antico e primo,
quando Gesù ancora non fremeva nel grembo di Maria,
mi prostrai a Dio.

Percorsi da un capo all’altro la croce, conobbi i Nazareni:
sulla croce non c’era!

Andai nelle pagode, nei templi antichi dei monaci:
nessuna traccia di lui scoprii!

Volsi le redini alia Mecca,
tra i giovani e gli anziani di quel luogo sacro:
lui non c’era!

Ascesi sulle cime dei monti ai confini del mondo:
nessun segno trovai della Fenice immortale!

Interrogai la tavola di diaspro e il calamo di Dio:
l’uno e l’altro furono senza risposta!

L’occhio assetato solo di Dio
non vedeva che forme estranee al Divino.

Fissai lo sguardo nel cuore:
là e non in altro luogo Egli era.

Stupefatto ed ebbro fui assorbito nel mare dell’Essere,
io più non ero.

(Ialal-al-din Rümi)


Introduzione



Ringraziamento al Monsignor Antonio Silvestrini, al Sig. Luigi Capano, al Sig. Angelo Jannoni, a Paolo Bianconcini e a tutti voi… per il vostro interessamento all’argomento che tratteremo in questo incontro.

Ma prima di iniziare vorrei farvi un suggerimento sul modo in cui ognuno di voi è invitato a ricevere le mie parole. Lo faccio parafrasando le parole di Erasmo da Rotterdam, umanista e antidogmatico del XVI secolo: “tutto quanto vi dirò sia conversazione, niente sia verità indiscussa, neppure consiglio da seguire. Non direi queste cose se qualcuno si dovesse sentire costretto a seguirmi”.

Il titolo stesso del nostro argomento, La Meditazione come esperienza di unità interreligiosa, ci servirà di paradigma nella nostra conversazione.

Meditazione

Il primo termine, essenziale, che ha bisogno di chiarimento è quello di “Meditazione”. Cosa intendiamo quando – nel nostro contesto - parliamo di meditazione?

La parola “Meditazione”, nelle nostre tradizioni occidentali, proviene dal latino “meditare” e ha originariamente un significato di esercizio intellettuale, spesso con forte connotazione spirituale e quasi sinonimo di ciò che s’intendeva con il termine “preghiera”. Quando ero adolescente e per prima sentivo certi interrogativi sul farmi o meno religioso, il mio Padre spirituale mi consigliò di “meditare” e pregare con il classico libro devozionale di Thomas de Kempis Imitazione di Cristo. Io, completamente inesperto su cosa fosse meditare, e allo stesso tempo volendo salvaguardare la mia privacy (da buon adolescente), mi ritiravo ben nascosto ad una camera dove non potevo essere scoperto dalla mia famiglia per “meditare” a luce spenta. Ancora ricordo esattamente una delle mie prime esperienze, forse la prima, quando aperto il libricino lessi: Siediti, come uccello solitario sul tetto, e pensa ai tuoi eccessi nell’amarezza della tua anima.  Per dire la verità non sapevo come farmi uccello solitario sul tetto, io povero adolescente e poi pensare ai miei eccessi con amarezza.

Ecco (spiegato in modo molto succinto e ingenuo) cosa abbiamo inteso per secoli nelle nostre culture occidentali per “meditare” e “meditazione”, essenzialmente un'attività intellettuale, un muovere il pensiero entro determinati argomenti, siano essi religiosi o meno. I monaci benedettini nel VI secolo praticando la nota “Lectio Divina” della Sacra Scrittura nella quale entrava precisamente il termine  “Meditatio”, e più avanti santi maestri della vita spirituale come Teresa di Avila e Ignazio di Loyola, svilupparono la meditazione sempre in senso mentale discorsivo.

Questo significato sperimenta una graduale trasformazione quando nel secolo scorso le correnti di spiritualità orientale entrano in contatto con le nostre culture occidentali. Metodi come quelli delloYoga, lo zen, ilVipassana, la Meditazione Trascendentale e tanti altri, hanno un comune denominatore che contrasta con il primo significato: è quello proprio di pacificare la mente, di silenziarla o meglio ancora di non usarla. E’ proprio questo ultimo il senso in cui intendiamo qui la parola "meditazione". E' anche il senso popolare che oggi troviamo esteso dappertutto e perfino il Concilio Vaticano II, citando le grandi religioni orientali nel decreto Nostra Aetate, penso abbia contribuito all’accettazione ed espansione di questo significato in Occidente.

Ma cos’è precisamente questo qualcosa che l’uomo fa, senza usare la mente? Non è veramente facile tradurlo a parole. Già lo stesso mio modo di esprimermi su questo punto contiene un errore: l’uomo non “fa” meditazione. Tutto ciò che l’uomo “fa” richiede l’uso della mente, ma nella meditazione ultima, la più vera e autentica, la mente non deve intervenire, non c’è.  Così la meditazione è “non-fare”.

Il maestro visita al sadhaka immerso in meditazione e gli dice:
-    Cosa fai?
-    Niente, ero in meditazione.
-    Ma qualcosa stavi sicuramente facendo non?
-    Non, ero solamente in meditazione.
-    Ma si stavi facendo meditazione stavi facendo qualcosa!
-    No, non facevo nulla!
-    E come puoi spiegare questo?
-    Neppure mille budda saprebbero spiegarlo.

Ecco il grande silenzio mentale della meditazione. Quando io nell’ultimo giorno del mio corso sulla Meditazione Profonda, dopo un lungo processo di preparazione a quest’ultimo passo (cioè il totale silenzio mentale), dico ai partecipanti che devono imparare a non far nulla ma ad essere, e che essere è niente e tutto allo stesso tempo, restano perplessi e disorientati. "Ma … non fare? A che serve? Ma serve sa qualcosa?"

Un pilota annunciò ai passeggeri: “tutti i nostri motori funzionano perfettamente, perciò non preoccupatevi circa questo che vi dirò: una buona e una cattiva notizia. La cattiva notizia è che la nostra radio è rotta e abbiamo perso il contatto con ogni torre di controllo e non sappiamo dove siamo né dove stiamo andando…
Ma c’è una buona notizia: procediamo a tutta velocità e non abbiamo subìto il minimo ritardo".

Quando l’essere umano medita, in totale silenzio mentale, in totale essere e in totale non-fare, diventa mistico, e il risultato è il secondo termine del nostro argomento: l’esperienza di unità. Il vero meditante presto o tardi sperimenterà l’unità che i mistici hanno sperimentato.

 

Unità


Prima di parlare sull’unità ultima, cioè quella che deriva dell’esperienza meditativa, ci può aiutare una breve panoramica sulle scoperte di unità che la moderna scienza ci offre. Poi vedremo che in realtà ciò che la scienza scopre a livello scientifico, il meditante lo sperimenta a livello spirituale.

 

Il macrocosmo

In realtà la natura stessa ci ha dato e continuamente ci dona sufficienti prove che ci rivelano la nostra unità, sia dalla parte del macrocosmo che del microcosmo: scienze così diverse come la cosmologia, la fisica, la medicina, la microbiologia, ecc. ci offrono infatti messaggi sorprendenti di unità. La natura sempre più decodificata e approfondita dagli esperti scienziati è come una lettera che ci dice:

-   Non ti rendi conto di quello che significa il Big Bang, quel misterioso evento accaduto circa 15 miliardi di anni fa, quando da quella gigantesca deflagrazione un primissimo messaggio di unità iniziò ad espandersi nel suo viaggio infinito, dall’infinitamente piccolo e uno all’infinitamente grande e molteplice?
-   Non ti dice niente quel punto UNO, dove il tempo e lo spazio erano pari a zero e da dove iniziarono inesorabilmente a zampillare infiniti messaggi attraverso infinite scale di tempo e di spazio fino all’avvento delle prime tappe della storia umana, a sua volta sempre crescente?  
-   E quella primissima danza cosmica dei piccoli neutroni, protoni ed elettroni, antielettroni, fotoni di luce e tante altre particelle che cominciarono a muoversi ed interagire mentre una piccola frazione di tempo prima erano tutt’UNO, prima che quel misterioso punto zero diventasse la “palla di fuoco” che presto raggiunse dimensioni di  giorni di luce, per divenire qualche miliardo di anni dopo i primi conglomerati di materia, protogalassie, galassie e infine stelle e tutti gli altri corpi celesti?

 

Il microcosmo

Ma l’immenso messaggio di unità originale proveniente dal macrocosmo è anche dentro di noi, lo portiamo clonato nel nostro piccolo universo, dentro di noi e di ogni corpo ci sono organismi e complessi di raggruppamenti simili alle nostre città, con i loro speciali paesaggi, confini, influssi mutui, leggi e forme di governo e culture. La cellula, la più piccola unità di un organismo in grado di funzionare in modo autonomo, è presentata dai scienziati come Rutherford come un minisistema solare in cui gli elettroni ruotano come pianeti intorno al nucleo. Ma entro il nucleo cellulare ci sono misteri di forza, di percorsi e danze infinite ancora non totalmente svelate dalla scienza… e in mezzo a questa realtà variopinta e ondeggiante percepita da  Fritjof  Capra in un suo momento mistico, sorge lo stesso messaggio  assolutamente indiscutibile, poiché è semplicemente l’esperienza che ce lo conferma: IO SONO UNO, tutto ciò di cui sono formato, tutti i miei microsistemi e misteri grandiosamente piccoli che vivono in me sono me, e io mi percepisco e sento come UNO.

La teoria della meccanica quantistica ci offre un messaggio di unità ancora più misterioso e mentalmente difficile da comprendere e da esprimere, ma semplicissimo nel suo contenuto unitario: come avrete sentito ha portato al mondo scientifico importantissime e rivoluzionarie informazioni sull’ultima natura delle cose. Secondo la meccanica quantistica il vuoto immenso che esiste nel nucleo dell’atomo, entro il quale danzano a velocità di vertigine i piccoli nucleoni, questo vuoto non è affatto vuoto, anzi è inconcepibilmente pieno: in esso si creano continuamente tutte le particelle possibili, nascono continuamente elettroni, protoni, neutroni… e fotoni di pura luce.

E’ certamente una sorpresa per lo scienziato cristiano ricordare di fronte a questa continua mini-creazione quel primo versetto della Genesi:  In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l`abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu.  (Gen,1,1-3).

Ecco il messaggio-segno della scienza: TUTTO E’ UNO, TUTTI SIAMO UNO. Malgrado le nostre diversità, agitazioni, giochi di prestigio, amori e odi, nascite e morti, conflitti e armonie, pianti e gioie… tutti siamo punto di origine, misterioso Big Bang, incredibile vuoto pieno, e perfino al di là dell’aldilà dell’aldilà di tutti questi misteriosi messaggi, c’è il Grande, unico mistero: L’UNO.


Unità interreligiosa

Ecco, detto molto brevemente, il messaggio di unità percepibile dai dati che la scienza ci offre. Abbiamo conversato su questo argomento per offrire, anche alle nostre menti, una sorta di risposta, benché povera, alle nostre intuizioni di unità avute nel cuore della meditazione. Ora tratteremo questa risposta dalla prospettiva che ci offrono le diversi confessioni di fede, nell’ambito del pluralismo interreligioso in cui l’uomo del nostro tempo si trova.

Non c’è dubbio che siamo attualmente in contatto crescente con un pluralismo interreligioso. Siamo ormai un po’ abituati a vedere i pii musulmani prostrarsi perfino in aeroporto orientati verso la Mecca per fare le loro preghiere, oppure vedere ai gioiosi Hare Krishna cantare per la nostra strada o leggere sui nostri muri poster che annunziano un corso zen. Riviste, giornali e TV ci mettono in frequente contatto con notizie appartenenti a religioni diverse.

Quando Giovanni Paolo II invitò in Assisi i capi delle religioni a pregare insieme per la pace, abbiamo visto il Dalai Lama abbracciare il Papa e numerosi altri leaders religiosi partecipando insieme a questa esperienza, che poi ha continuato la Comunità di St. Egidio. Quando Papa Francesco lo scorso Giovedì Sto. ha lavato i piedi ad una ragazza musulmana eravamo già abbastanza abituati a gesti del genere.

I teologi attuali del pluralismo religioso si domandano se questi eventi sempre più frequenti, sia a livello collettivo che individuale, sono semplicemente un dato di fatto oppure un valore e segno importante del mondo in cui viviamo. Non mancano teologi che considerano questi fatti come un valore da salvaguardare e favorire. Dio – dicono alcuni - ha manifestato generosamente se stesso all’umanità in molti modi e gli esseri umani hanno risposto in modi pluriformi nelle diverse culture e religioni. Ma la Chiesa stessa, oltre agli esempi citati, ha appoggiato come valore non solo il fatto del pluralismo religioso, ma la comunicazione dialogica fra i credenti delle diverse religioni. Nell’ottobre di 1989, Papa Giovanni Paolo II in Jacarta, in mezzo ad un pubblico in maggioranza non cristiano disse queste parole:

 “Ognuno di noi è chiamato ad adottare un atteggiamento di generoso servizio l’uno verso l’altro e in favore di tutti… non possiamo invocare Dio, Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni“ (NA,5).

Ma più avanti le sue parole in questa stessa occasione sono ancora più invitanti alla condivisione spirituale: “Vi può essere il dialogo dell’esperienza religiosa, per il quale le persone radicate nelle proprie tradizioni religiose condividono le loro ricchezze spirituali, come la preghiera e la contemplazione”.

Fino a questo punto abbiamo indicato il fatto dell’esperienza interreligiosa attuale. Ma sentirsi inter-religiosamente vicini, anzi aiutarci e servirci fraternamente non è esattamente l’esperienza di unità che sgorga della meditazione non-mentale.

Nel caso di un meditante direi che questa esperienza di unità è un risultato dell’esperienza meditativa stessa o, se preferite, una sorta di anteprima dell’esperienza mistica stessa. Un esempio pratico chiarirà questo punto. Spesso accade a persone religiose che s’inoltrano nella via meditativa e prima avevano letto i testi sacri delle antiche tradizioni oppure gli scritti dei mistici come S. Giovanni della Croce o Santa Teresa di Avila, di comprendere ora in un modo molto più diretto ed esperienziale quello che prima rimaneva per loro nel campo mentale della teoria. Quella teoria prima era forse accettata con buona volontà, ma rimaneva sempre teoria. Quando invece arrivano le grazie dell’esperienza intuitiva tramite la meditazione silenziosa i suddetti scritti diventano molto di più che pura teoria.

E’ proprio in questo senso che cerchiamo ora di vedere alla luce dei testi spirituali delle tradizioni religiose, il messaggio di unità universale intuito nella meditazione e confermato dalla scienza.


Le Upanishad


Ecco alcuni di questi testi tratti dalle Upanishad,  la cui origine è calcolata circa 500 anni prima della nascita di Cristo:

Il Sé è uno. Immobile, esso si muove più veloce del pensiero. I sensi restano indietro, ma il Sé corre avanti. Immobile, esso supera tutti. Dal Sé viene lo spirito che è la vita di tutte le cose. Immobile, esso si muove; è lontano, eppure vicino; dentro a tutto e tuttavia fuori. Il Sé è dappertutto, senza un corpo, senza una forma, intero, puro, saggio, onnisciente, luminoso, autonomo, trascendente ogni cosa; nel processo eterno., assegna a ogni cosa una funzione peculiare.(Dalla Isha-Upanishad)

Il Sé è il signore di tutto, è colui che abita nel cuore dì tutto. Egli è la fonte di tutto, è colui che crea e che dissolve gli esseri. Non c'è niente che Egli non conosca…La sola prova della Sua esistenza è l'unione con Lui. In Lui il mondo scompare. Egli è la pace, il bene, l'UNO senza secondo. (Dalla Mandukya-Upanishad).


Il Tao


Il Tao cinese, anche proveniente dalla stessa epoca delle Upanishad, benché tradotto talvolta come “Via” nel suo aspetto più misterioso e trascendente è anche l’UNO, origine di tutto quanto esiste. In questa citazione tratta dalla prima pagina del Tao Te Ching, attribuito a Lao-Tzu, avvertirete sorprendenti relazioni, sia con i messaggi provenienti dal mondo della scienza visti prima, che dalle vie meditative che, prima di arrivare allo stato di non-mente, iniziano pronunziando un suono ripetitivo:


Il Tao che può essere espresso a parole non è il Tao eterno. Il nome che può essere pronunciato non è il nome eterno. Senza nome, esso è l'Inizio del Cielo e della Terra; con il nome, è la Madre di tutte le cose. Solo chi è sempre libero da desideri può comprendere la sua essenza spirituale; chi è sempre schiavo dei desideri non può vederne che l'aspetto materiale. Queste due realtà, lo spirituale e il materiale, benché le si chiami con nomi differenti sono, all'origine, una stessa e unica cosa. Una tale identità è un mistero... il mistero dei misteri. E' la porta di tutte le meraviglie. Quanto impenetrabile è il Tao! Sembra essere il progenitore ancestrale di tutte le cose. Quanto puro e chiaro è il Tao! Sembra essere eterno. lo non so da chi sia stato generato.

 

Il Buddismo

Uno dei testi più rappresentativi del misticismo buddista è il grande Sutra del Cuore. Contiene delle bellissime espressioni di unità universale. Anche in questi testi troverete  reminiscenze dei messaggi scientifici e l’indissolubile legame tra meditazione e percezione dell’unità:

Il due esiste perché c'è l'Uno, ma non ti attaccare nemmeno a questo Uno; quando la mente non è disturbata, le diecimila cose non provocano danni.

Se l’occhio non si addormenta mai, tutti i sogni cessano di esistere; se la Mente conserva la propria essenza assoluta, le diecimila cose avranno un'unica Identità. Quando si svela il profondo mistero dell'unica Identità, di colpo si dimentica la confusione esteriore; quando si vedono le diecimila cose nella loro unità, si ritorna all'origine e si rimane là dove si è sempre stati.
Uno in Tutti, Tutti, in Uno... se soltanto si comprendesse questo, non ci si preoccuperebbe più della propria imperfezione.


L’Antico Testamento

Potremo continuare attraverso tanti altri testi sacri di altri tradizioni. Nella Bibbia troviamo dei testi eminentemente teisti che, arricchiti con quelli appena letti, ci approno l’orizzonte sul mistero cristiano di un Dio certamente vivente e in mezzo a noi, ma anche molto più ineffabile che il Dio di facile costituzione e taglia antropomorfica che talvolta possiamo trovare in taluni dei nostri testi cristiani.

Innanzi tutto e in modo simile ai testi sacri delle altre tradizioni, Dio è il creatore di tutto quanto esiste: da quella prima parola “luce!” pronunziata il primo giorno della creazione, l’immensa molteplicità dell’esistenza, le diecimila cose del Sutra del Cuore, si appoggia nella Parola creatrice divina, come nella sua inesprimibile e originale fonte di unità. Forse il libro dell’Antico Testamento più vicino alle diverse espressioni di unità universale trovate nelle altre tradizioni religiose è il Libro della Sapienza. Il termine “Sapienza” è in questo libro molto ricco e complesso. Alcuni teologi lo ritengono vicino a quello del “Verbo” di Giovanni, quindi molto personalizzato. Il  brano più noto che descrive la natura della Sapienza come principio universale unificante di tutti gli esseri è questo:

In essa c`è uno spirito intelligente, santo, / unico, molteplice, sottile, / mobile, penetrante, senza macchia, / terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell`uomo, / stabile, sicuro, senz`affanni, / onnipotente, onniveggente / e che pervade tutti gli spiriti / intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti; / per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. / E` un`emanazione della potenza di Dio, / un effluvio genuino della gloria dell`Onnipotente, / per questo nulla di contaminato in essa s`infiltra. / E` un riflesso della luce perenne, / uno specchio senza macchia dell`attività di Dio / e un`immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto; / pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova / e attraverso le età entrando nelle anime sante, / forma amici di Dio e profeti. (Sap7,22-27)


Il Nuovo Testamento


Nel Nuovo Testamento questa unità universale concretizzata nella Sapienza appare più vicina ancora a noi personificata nel Verbo, che a sua volta è presso Dio ed è Dio stesso, tale com’è presentato nel prologo del Vangelo di S. Giovanni:

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.  Egli era in principio presso Dio:
Tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l`hanno accolta.  (Gv 1,1-5)

L’insegnamento di Cristo sull’unità si può centrare in due aspetti, quello dell’ideale o punto Omega (secondo un'efficace definizione di Teillhard de Chardin) verso cui camminiamo seguendo i suoi insegnamenti, e quello del Cristo onnipresente e vicino, ritrovabile nella nostra quotidianità. Nella sua cosiddetta preghiera sacerdotale o preghiera dell’unità, poco prima della Passione, Cristo chiede per i suoi discepoli l’unità con delle parole di una profondità e trascendenza misteriose:


Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me;  perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch`essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l`ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. (Gv 17, 20-22).

In termini di meditazione diremmo che Cristo sta chiedendo per noi lo stato di coscienza illuminata, in totale consapevolezza di essere uno con lui e con il Padre, l’UNO totale senza secondo. Notate poi la stretta relazione fra unità e amore: Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell`unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.(23)

Il secondo insegnamento è che questo Cristo, uno con il Padre e onnipresente Sapienza divina, è misteriosamente ritrovabile nella nostra vita quotidiana nell’uomo con cui condividiamo lavori, gioie, dolori e la nostra intera esistenza: “Ma quando mai è succeso questo prodigio? Quando ti abbiamo trovato nella nostra quotidianità?” domandano alla fine dei tempi i non-meditanti a Gesù. Ed egli risponde:

In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l`avete fatto a me. (Mt 25, 43).

E’ come dire: solo un meditante, cosciente del suo centro divino, se ne renderà conto che anche nel profondo del più piccolo c’è lo stesso centro divino. “Io ero sempre lì, dentro e fuori di voi, solo che non ne eravate consapevoli”.

Conclusione

Ecco solamente alcuni  pensieri e segni, fra tanti altri, che possono, pur nella debolezza dei nostri veicoli mentali, tradurre in modo rozzo i lampi intuitivi di unità che ognuno potrà avere nel cuore della meditazione. In questo senso ogni meditante si può rendere conto di essere un grano di silenzio entro il grande Silenzio supercosciente.

Vorrei finire con le bellissime parole del poeta e drammaturgo ebreo Edmond Fleg, che appoggiato in un testo del profeta Isaia, lo fa diventare sogno e immagine dell’unità interreligiosa:


Svegliati, svegliati! Guarda!
Su tutte le montagne, su tutte le pianure, su tutte le valli e i golfi aperti;
In tutti gli arcipelaghi,
su tutti i mari hanno preparato la mensa dell’uomo.

La tavola é in legno proveniente da tutti i boschi,
la tovaglia è tessuta da tutti i telai della terra.

I cibi sono preparati, i calici colmi,
attorno accorre tutto il creato.

Avanti alla folla dell’uomo è il lupo con l’agnello,
fanno la pace del mondo.

Guarda! Ci sono quelli col dorso tatuato,
quelli dalle labbra nere:

Quelli che nelle foreste d’ebano si tingevano col sangue,
con le loro frecce di selce, le loro mazze d’avorio.

Accanto a loro seduti,
quelli che hanno il capo ornato di piume incantate.

E gli Eschimesi che cacciano la volpe azzurra
nelle notti del Labrador.

Quelli dalla bianca fronte;
fachiri che danzano.

Persiani con lo Zend-Avesta;
Marabutti che nella tenda sognavano paradisi inebrianti.

Pastori del Cristo umano;
rabbini con le mani protese verso un Messia senza croce e senza corona.

Alzati, alzati! II tuo posto è ancora vuoto, guarda i loro volti:
sono felici attorno alia tavola immensa.

Guarda! Hanno spezzato il pane!
Guarda! Hanno sollevato i calici colmi!

Ascolta: pregano in silenzio.
La santa cena umana comincia!

Roma, 17 Dicembre 2013
Padre Mariano Ballester SJ
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