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1. Neoliberismo, istruzioni per l'uso
RADIOGRAFIA DI UNA MANOVRA A TENAGLIA
di Diego Fusaro e Giorgio Agamben
“Ahi serva Italia, di dolore ostello, * nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!”
(Purgatorio VI, 76-78)
Non mi stancherò mai di ripeterlo: viviamo nel tempo dell’identità in atto di destra e sinistra, due falsi opposti che oggi veicolano lo stesso contenuto. E tale contenuto è l’adesione supina al monoteismo del mercato e la stolida accettazione dell’ordine imperiale USA.
Destra e sinistra si rivelano interscambiabili, facendo del neoliberismo oggi dominante un’aquila a doppia apertura alare: l’anticomunitaria e globalista “Destra del Denaro” detta le regole econonomico-finanziarie tutelanti gli interessi della global class post- e anti-borghese, mentre la “Sinistra del Costume” fissa i modelli e gli stili di vita funzionali alla riproduzione del sistema dell’integralismo economico (godimento individualistico, relativismo, laicismo assoluto, abbandono dell’anticapitalismo come ferrovecchio, ecc.).
La Destra del Denaro decide che occorre privatizzare tutto, rimuovere i diritti, abbassare gli stipendi, tagliare la spesa pubblica, sempre in nome del sacro dogma “ce lo chiede il mercato”. Dal canto suo la Sinistra del Costume, dal Sessantotto ad oggi, opera sul piano sovrastrutturale: se la Destra del Denaro rende i giovani precari fino a settant’anni, quando non direttamente disoccupati e impedisce loro di farsi una famiglia, ecco che la Sinistra del Costume e i suoi utili idioti al servizio del re di Prussia starnazzeranno dicendo che la famiglia è una forma borghese superata e che la precarietà è buona e giusta.
Se la Destra del Denaro decide che gli Stati nazionali sono un’invenzione e che l’unica realtà esistente è il one world del mondo globalizzato e ridotto a piano liscio del mercato, con annessa delocalizzazione, ecco che la ridicola Sinistra del Costume seguirà facendo l’elogio della globalizzazione dei viaggi low coste dell’inglese per tutti. Di più, condannerà lo Stato nazionale come foriero di sventure, senza mai dire, ovviamente, che i pochi diritti superstiti per gli offesi del pianeta erano garantiti, guarda caso, proprio dallo Stato stesso e dalle sue politiche di assistenza sociale.
Se la Destra del Denaro decide che la religione è un’invenzione e che bisogna liberarsene per convertirsi tutti all’unica teologia riconosciuta legittima, il monoteismo del mercato, ecco che la Sinistra del Costume seguirà pedestremente portando avanti forme liturgiche di ateismo religioso, senza accorgersi ovviamente che è il capitale stesso a dover distruggere ogni religione che non sia quella del Mercato divinizzato.
Se la Destra del Denaro decide che a esistere è solo l’individuo consumatore e “la società non esiste” (M. Thatcher), ecco che la ridicola Sinistra del Costume seguirà scodinzolando e spiegando che la famiglia come comunità originaria non esiste e che chiunque si sogni di pensare – peraltro in buona compagnia con Platone, Aristotele ed Hegel – che la famiglia composta da padre e madre invece esista eccome, subito deve essere silenziato come “omofobo”.
Diego Fusaro, 24 Ottobre 2014
https://it-it.facebook.com/diegofusarofilosofo
Qui ci interessa solo l’evoluzione che si è compiuta a partire dalla fine degli anni settanta. Poiché è allora che la corruzione completa delle intelligenze ha assunto la forma ipocrita e benpensante che oggi si chiama progressismo […] Si vede oggi a cosa abbia condotto questa strategia. In ogni ambito, la sinistra ha attivamente collaborato a che fossero predisposti gli strumenti e gli accordi che la destra al potere non avrà che da applicare e sviluppare per ottenere senza fatica i suoi scopi. Esattamente allo stesso modo la classe operaia fu disarmata spiritualmente e fisicamente dalla socialdemocrazia tedesca prima di essere consegnata al nazismo. E mentre i cittadini di buona volontà sono chiamati a vigilare in attesa di fantomatici attacchi frontali, la destra è già passata per la breccia che la sinistra stessa aveva aperto nelle sue linee.
Giorgio Agamben, In questo esilio. Diario italiano 1992-94,
in Idem, Mezzi senza fine. Note sulla politica,
Bollati Boringhieri, Torino 1996, pag.146
2. Impero
E' DAVVERO QUESTO IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI?
di Toni Negri e Michael Hardt
Gli Imperi del futuro sono gli Imperi della mente
(Winston Churchill)
L’Impero si materializza sotto i nostri occhi. Nel corso degli ultimi decenni, con l’abolizione dei regimi coloniali e ancor più velocemente dopo il crollo definitivo delle barriere sovietiche di fronte al mercato del mondo occidentale, abbiamo assistito ad una irresistibile e irreversibile mondializzazione degli scambi economici e culturali. Accanto al mercato mondiale ed ai circuiti mondiali di produzione sono sorti un ordine mondiale, una logica e una struttura nuova del potere - in breve, una nuova forma di sovranità. L’Impero è il soggetto politico che regola effettivamente gli scambi mondiali, il potere sovrano che governa il mondo.
Molti sostengono che la mondializzazione della produzione e degli scambi capitalistici significa che le relazioni economiche sono divenute più indipendenti dal controllo politico, dunque che la sovranità politica è in declino. Alcuni celebrano questa nuova era come la liberazione dell’economia capitalista dalle restrizioni e dalle distorsioni che le forze politiche le avevano imposto; altri, al contrario, la deplorano poiché essa chiude le vie istituzionali attraverso cui lavoratori e cittadini potevano influenzare o contestare la logica fredda del profitto capitalistico. E’ vero che, con l’avanzare del processo di mondializzazione, la sovranità degli Stati-nazione, pur restando largamente effettiva, è progressivamente declinata. I fattori primari della produzione e degli scambi - denaro, tecnologia, personale e merci - attraversano le frontiere con una facilità crescente; ne segue che lo Stato-nazione ha sempre meno potere per regolare quei flussi e imporre la sua autorità sull’economia. Anche gli Stati-nazione dominanti non devono essere più considerati come delle autorità supreme e sovrane, sia all’esterno delle proprie frontiere che all’interno di esse. Ad ogni modo, il declino della sovranità degli Stati-nazione non significa che la sovranità sia in declino in quanto tale. Per tutto il corso delle trasformazioni contemporanee, i controlli politici, le funzioni statali e i meccanismi regolatori hanno continuato a regolare il campo della produzione e degli scambi economici e sociali. La nostra ipotesi fondamentale è che la sovranità ha acquisito una forma nuova, composta di una serie di organismi nazionali e sovranazionali uniti sotto una logica unica di governo. Questa nuova forma mondiale di sovranità è ciò che noi chiamiamo l’Impero. La sovranità declinante degli Stati-nazione e la loro incapacità crescente a regolare gli scambi economici e culturali sono, infatti, i primi sintomi dell’avvento dell’Impero.
(...) Dobbiamo sottolineare tuttavia che noi non impieghiamo qui il termine "Impero" come una "metafora" - ciò che esigerebbe una dimostrazione delle rassomiglianze tra l’ordine mondiale e gli imperi di Roma, della Cina, delle Americhe, ecc. - ma piuttosto come un concetto, il che esige fondamentalmente un approccio teorico. Il concetto di Impero è caratterizzato fondamentalmente da una assenza di frontiere: il governo dell’Impero non ha limiti. Prima di ogni cosa, dunque, il concetto di Impero pone in principio un regime che ingloba la totalità dello spazio in cui dirige effettivamente il mondo "civilizzato" nel suo insieme. Nessuna frontiera territoriale limita il suo regno. In secondo luogo, il concetto di Impero si presenta esso stesso non come un regime storico che trae la sua origine da una conquista, ma piuttosto come un ordine che sospende effettivamente il corso della storia e fissa di là lo stato presente degli affari per l’eternità. Secondo il punto di vista dell’Impero, è la maniera in cui le cose saranno sempre e la maniera in cui esse erano pensate da tutta l’eternità. In altri termini, l’Impero presenta il suo potere non come un momento transitorio nel flusso della storia, ma come un regime senza frontiere temporali, dunque in questo senso fuori della storia o alla fine della storia. In terzo luogo, il potere dell’Impero funziona a tutti i livelli dell’ordine sociale, discendendo sino alle profondità del mondo sociale. Non solamente l’Impero gestisce un territorio ed una popolazione, ma esso crea anche il mondo reale che esso abita. Non contento di regolare le interazioni umane, esso cerca anche di regolare direttamente la natura umana. L’oggetto del suo potere è la vita sociale nella sua integralità, di modo che l’Impero rappresenta in effetti la forma paradigmatica del biopotere. Infine, sebbene la pratica dell’Impero si bagni continuamente nel sangue, il concetto di Impero è sempre dedicato alla pace - una pace perpetua e universale, al di fuori della storia.
L’Impero cui siamo di fronte dispone di enormi poteri di oppressione e di distruzione - ma questo fatto non deve in alcuna maniera darci la nostalgia delle antiche forme di dominazione. Il passaggio all’Impero e i suoi processi di globalizzazione offrono in effetti delle nuove possibilità alle forze di liberazione. La mondializzazione, naturalmente, non è una cosa unica e i molteplici processi che noi identifichiamo come tali non sono né unificati né univoci. Il nostro scopo politico - diremo noi - non è semplicemente di resistere a questi processi, ma di riorganizzarli e di riorientarli a dei nuovi fini. Le forze creatrici della moltitudine che sostiene l’Impero sono del tutto capaci di costruire un contro-Impero, ossia una organizzazione politica di ricambio degli scambi e dei flussi mondiali. Le lotte miranti a contestare e a sovvertire l’Impero, altrettanto di quelle destinate a costruire una reale soluzione di rimpiazzo, si svolgeranno così sul terreno imperiale medesimo - e infatti, delle lotte nuove di questo genere hanno già cominciato ad emergere. (...)
Toni Negri, Michael Hardt,
Prefazione a Impero, Il nuovo ordine della globalizzazione,
Milano 2002