Manipolazionismo



1. Controcorrente



UNA CRITICA TRASVERSALE ALLA MANIPOLAZIONE DELLE COSCIENZE 

MASCHERATA DA "PUBBLICA OPINIONE"

di René Guénon e Pier Paolo Pasolini

 

(…) La grande abilità dei dirigenti democratici del mondo moderno sta nel far credere al popolo che esso si governi da sé. E il popolo si lascia persuadere volentieri, tanto più che così esso si sente adulato, mentre è incapace di riflettere quanto occorre per accorgersi di una simile impossibilità. Per creare questa illusione, si è inventato il "suffragio universale": è l'opinione della maggioranza come presunto principio della legge.

Ciò di cui non ci si accorge, tuttavia, è che l'opinione pubblica è qualcosa che si può facilmente dirigere e modificare: per mezzo di adeguate suggestioni in essa si possono sempre provocare delle correnti nell'uno o nell'altro senso. Non ricordiamo più chi ha parlato di "fabbricare l'opinione pubblica": espressione giustissima, benché bisogna dire, da un altro lato, che i dirigenti apparenti non sono sempre coloro che dispongono dei mezzi necessari per venire a tanto.

René Guénon,
La crisi del mondo moderno, Mediterranee, Roma 1972

*

(…) Come avviene questa sostituzione di valori? Io sostengo che oggi essa avviene clandestinamente, attraverso una sorta di persuasione occulta. (…) I nuovi valori vengono sostituiti a quelli antichi di soppiatto, forse non occorre nemmeno dichiararlo tanto, dato che i grandi discorsi ideologici sono pressoché sconosciuti alle masse (…).

(…) Per esempio, c'è il modello che presiede a un certo edonismo interclassista, il quale impone ai giovani che inconsciamente lo imitano di adeguarsi nel comportamento, nel vestire, nelle scarpe, nel modo di pettinarsi o di sorridere, nell'agire o nel gestire a ciò che vedono nella pubblicità dei grandi prodotti industriali: pubblicità che si riferisce, quasi razzisticamente, al modo di vita piccolo-borhese.

I risultai sono evidentemente penosi, perché un giovane povero di Roma non è ancora in grado di realizzare questi modelli, e ciò crea in lui ansie e frustrazioni che lo portano alle soglie della nevrosi.

Oppure c'è il modello della falsa tolleranza, della permissività. (…) A un certo punto il potere ha avuto bisogno di un diverso tipo di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore, e non era un consumatore perfetto se non gli si concedeva una certa permissività in campo sessuale.

(…) O infine un terzo modello, quello che io chiamo dell'afasia, della perdita della capacità linguistica (…), per cui si è incapaci di inventare metafore e movimenti linguistici reali, quasi si mugola, o ci si danno spintoni, o si sghignazza senza saper dire altro.

(…) E' in corso nel nostro paese, come ho detto, una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione.

(…) Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma di atroce afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo che queste erano appunto le forme delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l'ombra orrenda della croce uncinata.

Pier Paolo Pasolini, 
Scritti corsari, Garzanti, Milano 1975

 

 

 

2. Il progresso tecnico come sistema di dominio

 
LA CRITICA DI MARCUSE AI TOTALITARISMI "DEMOCRATICI"
DELLA SOCIETA' DI MASSA

di Herbert Marcuse


(…) Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà
prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico.
(...) È mai possibile tracciare una vera distinzione
tra i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di informazione e di divertimento,
e come agenti di manipolazione e di indottrinamento?
(Herbert Marcuse, L'uomo a una dimensione,  Einaudi 1967)


Il progresso tecnico esteso a tutto un sistema di dominio e di coordinazione crea for­me di vita e di potere che appaiono conciliare le forze che si oppongono al sistema, e sconfiggere o confutare ogni protesta formulata in nome delle prospettive storiche di libertà dalla fatica e dal dominio. La società contempora­nea sembra capace di contenere il mutamento sociale, in­teso come mutamento qualitativo che porterebbe a sta­bilire istituzioni essenzialmente diverse, imprimerebbe una nuova direzione al processo produttivo e introdurreb­be nuovi modi di esistenza per l'uomo.

Questa capacità di contenere il mutamento sociale è forse il successo più caratteristico della società industriale avanzata; l'accettazione generale dello scopo nazionale, le misure politiche aval­late da tutti i partiti, il declino del pluralismo, la conni­venza del mondo degli affari e dei sindacati entro lo stato forte, sono altrettante testimonianze di quell'integrazio­ne degli opposti che è al tempo stesso il risultato, non me­no che il requisito, di tale successo.

*

(…) L'unione di una produttività crescente e di una crescente capacità di distruzione; la politica condotta sull'orlo dell'annientamento; la resa del pensiero, della speranza, della paura alle decisioni delle potenze in atto; il perdurare della povertà in presenza di una ricchezza sen­za precedenti costituiscono la più imparziale delle accuse, anche se non sono la raison d'etre di questa società ma solamente il suo sottoprodotto: la sua razionalità travolgente, motore di efficienza e di sviluppo, è essa stessa irrazionale.

Il fatto che la grande maggioranza della popolazione accetta ed è spinta ad accettare la società presente non rende questa meno irrazionale e meno riprovevole. La di­stinzione tra coscienza autentica e falsa coscienza, tra in­teresse reale e interesse immediato, conserva ancora un significato. La distinzione deve tuttavia essere verificata. Gli uomini debbono rendersene conto e trovare la via che porta dalla falsa coscienza alla coscienza autentica, dall'interesse immediato al loro interesse reale. Essi possono far questo solamente se avvertono il bisogno di mutare il lo­ro modo di vita, di negare il positivo, di rifiutarlo. È pre­cisamente questo bisogno che la società costituita si ado­pera a reprimere, nella misura in cui essa è capace di «di­stribuire dei beni» su scala sempre più ampia e di usare la conquista scientifica della natura per la conquista scientifica dell'uomo.

*

(…) Di fronte ai tratti totalitari di questa società, la nozio­ne tradizionale della «neutralità» della tecnologia non può più essere sostenuta. La tecnologia come tale non può essere isolata dall'uso cui è adibita; la società tecno­logica è un sistema di dominio che prende ad operare sin dal momento in cui le tecniche sono concepite ed elabo­rate.

Il modo in cui una società organizza la vita dei suoi membri comporta una scelta iniziale tra alternative storiche che sono determinate dal livello preesistente della cultura materiale ed intellettuale. La scelta stessa deriva dal gioco degli interessi dominanti. Essa prefigura modi specifici di trasformare e utilizzare l'uomo e la natura e respinge gli altri modi. È un «progetto» di realizzazione tra altri. Ma una volta che il progetto è diventato opera­tivo nelle istituzioni e relazioni di base, esso tende a di­ventare esclusivo e a determinare lo sviluppo della socie­tà come un tutto. Come universo tecnologico, la società industriale avanzata è un universo politico, l'ultimo stadio della realizzazione di un progetto storico specifico, vale a dire l'esperienza, la trasformazione, l'organizzazione della natura come un mero oggetto di dominio.

Via via che il progetto si dispiega, esso plasma l'intero universo del discorso e dell'azione, della cultura intellet­tuale e di quella materiale. Entro ilmediumcostituito dalla tecnologia, la cultura, la politica e l'economia si fon­dono in un sistema onnipresente che assorbe o respinge tutte le alternative. La produttività e il potenziale di svi­luppo di questo sistema stabilizzano la società e limitano il progresso tecnico mantenendolo entro il quadro del do­minio. La razionalità tecnologica è divenuta razionalità politica.

Herbert Marcuse,
L'uomo a una dimensione,  Einaudi 1967

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