Romanticismo

 

1. L'opera d'arte e l'artista dell'avvenire


UNA RIFLESSIONE DI RICHARD WAGNER
SUL RAPPORTO FRA ARTE MODERNA E "POPOLO"

di Richard Wagner


L'opera d'arte dell'avvenire non nascerà né dai marci bassifondi della vostra attuale cultura,
 né dai resti ripugnanti della vostra raffinata civiltà moderna,
né dalle condizioni che consentono alla civiltà moderna di tirare avanti.
(Richard Wagner)



(…) Se consideriamo l'arte moderna – quella che è veramente arte – nei suoi rapporti con la vita pubblica, notiamo subito la sua incapacità d'influire su questa vita pubblica, malgrado gli sforzi più nobili. La causa prima è questa: l'arte, puro prodotto della cultura, non è nata dal caldo seno della vita, e, ridotta una pianta di serra, oggi non può più in alcun modo mettere radice al sole e al clima naturali del tempo presente. L'arte è diventata proprietà riservata d'una categoria di artisti, procura gioia solo a chi è in grado di capirla e, per essere capita, presuppone studi particolari, estranei alla vita concreta: gli studi della teoria dell'arte.

(…) La distanza, quotidianamente constatata e amaramente deplorata, che separa l'uomo colto dall'ignorante, è tanto grande, un compromesso tra i due estremi è tanto ipotetico, un'intesa tanto impossibile, che l'arte moderna, fondata non senza sincerità su quella cultura tanto innaturale, dovrà confessare a se stessa, non senza sincerità ma con estrema vergogna, di dover la propria esistenza a un elemento vitale che anch'esso non può basare la propria esistenza che sull'ignoranza più crassa della maggior parte dell'umanità.

(…) Nel migliore dei casi, la nostra arte civilizzata somiglia a un uomo che si vuol rivolgere in una lingua straniera a un popolo che non la conosce. Tutto quel che produce, e in particolar modo quel che è più spirituale, può condurre solo a malintesi e alle più ridicole confusioni.

(…) L'opera d'arte dell'avvenire è un'opera collettiva: quindi non può nascere che da un desiderio collettivo. (…) La libera associazione artistica è dunque la causa e la condizione dell'opera d'arte. (…) Dinanzi all'associazione tradizionale statista del nostro tempo, che si regge in piedi solo per obblighi esterni, le associazioni libere dell'avvenire con la loro elasticità, ora in un'immensa estensione, ora in una sottile organizzazione, costituiranno la vita umana stessa (…).

*

(…) Ma chi sarà l'artista dell'avvenire? Il poeta? L'attore? Il musicista? Lo scultore? Diciamo subito: il popolo. (…) Si dimentica che nelle epoche della comunità nazionale di stirpe, che precedono l'affermazione dell'egoismo assoluto di ogni individuo perfino nella religione, ai tempi, insomma, che i nostri storici definiscono delle leggende e dei miti non leggendari, già il popolo era il solo poeta e il solo artista; si dimentica che solo da questo popolo è possibile trarre soggetti e forme che siano sani e vitali, che questo popolo è poeta e creatore (…).


(…) L'artista di oggi, dal suo punto di vista cosiddetto superiore, si sente [invece] autorizzato a considerare il popolo la plebaglia ignorante e volgare che è proprio il suo opposto.(…) "Che? In avvenire la plebaglia deve succederci nella creazione artistica? La plebaglia, che meno di tutti ci capisce quando creiamo l'arte? Dalle osterie piene di fumo, dalle esalazioni di questa fossa sorgeranno per noi creazioni d'arte e di bellezza?"

Proprio così! L'opera d'arte dell'avvenire non nascerà né dai marci bassifondi della vostra attuale cultura, né dai resti ripugnanti della vostra raffinata civiltà moderna, né dalle condizioni che consentono alla civiltà moderna di tirare avanti. Tenete a mente che questa plebaglia non è frutto della vera natura umana, ma il prodotto artificiale della vostra cultura innaturale; che tutti i vizi, tutte le mostruosità che in quella plebaglia vi fanno torcere il naso, non sono che i gesti disperati della lotta che la vera natura umana conduce contro la civiltà moderna, che l'opprime crudelmente. (…) Finché voi, intellettuali e raffinati egoisti, prosperate in un benessere artificiale, è necessario che esista una sostanza dal succo vitale della quale distillare i vostri stolti profumi; e questa sostanza, alla quale rubate l'essenza naturale, non è altro che la plebaglia infetta, la cui vicinanza vi fa tanto schifo, e dalla quale vi distinguete solo per quel po' di profumo che avete estratto dalla sua grazia naturale.

(…) Ma per popolo non intendiamo né voi né loro: si avrà un vero popolo quando voi e loro non ci sarete più. (…)

Richard Wagner,
da L'opera d'arte dell'avvenire,  Lipsia 1849

 

 


2. Il cuore di Chopin 

SE CHOPIN APPARTIENE ALLA POLONIA,
LA SUA PATRIA L'HA OFFERTO AL MONDO (NINO SALVANESCHI)

di Pierluigi Gallo Ziffer

 


Ora che conosco l'amore, posso accettare che ogni cosa.
La vita è giusta in ogni caso. 

Il mio cuore è aperto come il cielo
(Mira Nair, Kamasutra)


Quando dico ai miei alunni, studiando l'estetica del Romanticismo, che se vogliono capire davvero il significato profondo della musica di Chopin, al di là di ogni stereotipo e luogo comune, devono sdraiarsi distesi per terra e ascoltarlo nel loro cuore a occhi chiusi, respirando lentamente e senza pensare a nulla, il più delle volte si mettono a ridere.

Se poi, puta caso, qualcuno acconsente a fare una prova, dopo una buona mezz'ora passata a scherzare, piano piano incomincia gradualmente a capire e a considerare il proprio cuore non più come una banalità alla Muccino o un pensierino via twitter, ma come un vero e proprio centro di coscienza, come una sorta di trasmittente interiore che utilizza un codice ben definito, basato sul sentimento e non sull'emozione (l'unica passione che in realtà conosciamo, in questi tempi di magra), e a interpretarne il linguaggio.

Non è facile in verità, ma è una grande conquista, le poche volte che riesce: ma al di là di ciò, al di là delle tecniche o delle strategie più o meno efficaci che ogni onesto insegnante s'inventa per comunicare con gli alunni, che cosa significa "ascoltare col cuore", cosa significa "comunicare col cuore", col cuore di Chopin in questo caso specifico?

Bach è un astronomo che ha scoperto le stelle più belle. Beethoven si misura con l'universo. Io cerco solo di esprimere il cuore e l'anima dell'uomo.  (Frédérich Chopin)

Facciamo una prova anche noi, se vogliamo: sdraiamoci per terra supini e cominciamo a respirare lentamente, a occhi chiusi, senza pensare; poi mettiamo su un Notturno o un Preludio (Valzer e Mazurche non sono adatti, evidentemente, per questo esperimento) e lasciamo che il suono del suo pianoforte ci entri dentro fisicamente, che ci attraversi da parte a parte, che il suo linguaggio e il suo discorso cifrato comunichi direttamente col nostro cuore, senza passare per la mente.

L'Europa del resto ben sa, con le sue tradizioni, quale ricco tesoro rappresenti l'estetica del sentimento, cioè quel linguaggio specifico che ci permette di "sentire l'ente" senza interferenze mentali; e fra le tante culture che hanno attraversato il vecchio continente, quella romantica più di ogni altra ha saputo incarnare, e ancor più interpretare, il linguaggio del cuore come strumento di contatto con l'Assoluto, come trasmittente galattica di impulsi cosmici e universali, che si riversano in noi come in un Sacro Graal e che ci toccano nel profondo.

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce, diceva infatti Pascal, un altro poeta della "sapienza intuitiva" (pur se in tutt'altro contesto e con tutt'altro intendimento): il cuore dunque ha avuto in passato in Europa i suoi cantori, e non bisogna pensare che solo l'Oriente possegga le chiavi della conoscenza spontanea, sentimentale o immediata. Tutt'altro.

Se quindi vogliamo addentrarci in quella "foresta di simboli" che è il linguaggio del cuore, scegliendo una guida capace di accompagnarci in segreto attraverso questi strani Misteri, scegliamo senz'altro Chopin e saremo sicuri di non sbagliare: perché se il suo corpo è sepolto a Parigi, il suo cuore è conservato a Varsavia, centro sottile dell'antica Polonia, e da lì ricorda a ciascuno il valore e il senso di una missione ancestrale che questo popolo ha ricevuto da Dio.

Conservare intatto il linguaggio dell'anima, e contattare l'Eterno con lo strumento del cuore.


Pierluigi Gallo Ziffer, Roma, 5 Giugno 2014 
www.pierluigigallo.org

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